La provincia di Alessandria è in subbuglio. Sindaci, comitati di cittadini e movimenti non vogliono diventare la sede del deposito unico nazionale delle scorie nucleari e dicono a gran voce di non essere un sito idoneo, come invece riporta la Cnai (Carta nazionale aree Idonee) elaborata da Sogin e pubblicata lo scorso 13 dicembre dal Ministero dell’Ambiente.

DA UN MESE SI SUSSEGUONO nei comuni assemblee pubbliche molto partecipate: una mobilitazione che culminerà con una grande manifestazione nel capoluogo di provincia questo sabato pomeriggio, 6 aprile. «Diciamo no e lo facciamo non per questioni nimby, ma perché questo territorio subisce il peso di altre, persistenti e irrisolte, pressioni ambientali. Siamo contrari perché da tempo investiamo in una vocazione turistica, il Monferrato è territorio Unesco, e, poi, perché questa è una zona densamente abitata. Soprattutto, diciamo no perché qui c’è una delle più grandi falde acquifere del Piemonte e non vogliamo che i rifiuti radioattivi finiscano a bagnomaria e, visti i rischi, pensiamo non lo voglia nessuno», sottolinea con preoccupazione Gianluca Colletti, sindaco di Castelletto Monferrato, capofila dei primi cittadini in questa battaglia.

SONO CINQUE LE AREE ALESSANDRINE inserite nella Cnai, che in tutta Italia individua 51 siti: AL-1 tra Bosco Marengo e Novi Ligure; AL-3 tra Alessandria e Oviglio; AL-8 tra Alessandria e Quargnento; AL-13 fra Castelnuovo Bormida e Sezzadio; AL-14 tra Fubine Monferrato e Quargnento. È stata invece esclusa, rispetto alla Cnapi (Carta nazionale aree potenzialmente idonee), l’area AL-2 fra Frugarolo e Bosco Marengo per la vicinanza all’impianto della Solvay, che non era stata considerata.

IL DEPOSITO NAZIONALE SARÀ costruito all’interno di un’area pari a 207 campi da calcio: in totale circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito stesso e 40 al parco tecnologico. Dovrebbe ospitare 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa attività, compresi quelli legati ad attività sanitarie e industriali, e, in un’apposita sezione, 17 mila metri cubi di rifiuti a media e ad alta attività (provenienti delle vecchie centrali nucleari), quelli che più preoccupano le comunità locali.

IL 28 MARZO L’ASSEMBLEA DEI SINDACI della provincia di Alessandria ha approvato all’unanimità l’ordine del giorno contro l’installazione in Piemonte del deposito nazionale di rifiuti radioattivi. La criticità relativa alle falde è un punto discriminante. «Per ovvie ragioni il deposito ci vuole, ma le scorie – spiega il sindaco Colletti – devono essere in sicurezza, come non sono quelle di Saluggia (Vercelli), collocate in un’area non idonea vicino ai pozzi dell’acquedotto Monferrato. E non possono stare da noi, ci sono approfondimenti scientifici che lo sostengono. La falda superficiale è in alcune zone a 50 centimetri dal piano campagna, quella più profonda a 30 metri; quella più bassa, a 1600 metri di profondità, custodisce l’acqua di 18 mila anni fa. L’interferenza con le falde è un problema grave che non può essere trascurato. È importante che i rifiuti, ancor più quelli ad alta attività, la cui radioattività decadrà dopo circa 10 mila anni, siano in luoghi asciutti».

DOPO L’USCITA DI SCENA DI TRINO VERCELLESE, che ha ritirato la sua autocandidatura, la partecipazione alle assemblee è cresciuta. Da Vignale Monferrato a Sezzadio, da Novi Ligure a Oviglio e in molti altri comuni. Venti incontri pubblici, che sono stati anche momenti di presa di consapevolezza sul presente: «Un impianto come questo – sostiene Eugenio Spineto del Comitato popolare No Deposito Nucleare – andrebbe a sovraccaricare un territorio che già soffre una pressione ambientale devastante, dalla Solvay con i suoi Pfas all’Eternit di Casale Monferrato, dall’Acna di Cengio all’Ecolibarna, per non parlare di una cementificazione massiccia e di tassi tumorali tra i più alti d’Italia. La richiesta popolare per il territorio oggi è di una bonifica delle aree contaminate e di non condannare la nostra terra a essere la discarica nucleare d’Italia. Significherebbe condannare le generazioni future. Finora il percorso al deposito è stato lacunoso, né si capisce che sarà del parco tecnologico. E, proprio a tal proposito, dichiarazioni di pezzi del governo e di alcuni partiti che fanno presagire un ritorno al nucleare sono un campanello d’allarme. Si vuole riaprire una stagione chiusa da due referendum, quando il deposito servirebbe invece a chiudere la partita mettendo in sicurezza l’esistente. Non ci fidiamo, però, del percorso individuato da Sogin».

SPINETO SPIEGA PERCHÉ. «Tutti i cinque siti alessandrini della Cnai si trovano sopra una falda che è una riserva di acqua pazzesca, una presenza che li avrebbe dovuti fare escludere dalla Carta. All’inizio non era addirittura stata considerata la presenza impattante di Solvay. Tuttora non si tiene conto del dissesto idrogeologico e anche che due siti considerati idonei, come Sezzadio e Bosco Marengo, si allagano nei giorni di pioggia». Critico sul percorso di individuazione del sito anche il sindaco Gianluca Colletti che definisce senza giri di parole il seminario organizzato da Sogin, tra la Cnapi e la Cnai, una «buffonata online».

«ERA PREVISTO CHE SOGIN – aggiunge Colletti – facesse incontri pubblici, ma con la scusa della pandemia sono state organizzate consultazioni poco serie e non c’è stato un approfondimento con i portatori interesse, né con la cittadinanza. Abbiamo presentato mille pagine di documentazione tecnica e Sogin ci ha risposto con 60 righe».

LA MANIFESTAZIONE DI SABATO ad Alessandria partirà da viale della Repubblica (il ritrovo è alle ore 15), nei pressi del Teatro comunale, per dirigersi – percorrendo piazza Garibaldi e corso Roma – alla Prefettura in piazza della Libertà. Sono attesi in tanti a gridare il proprio «no». E mentre il ministro Gilberto Pichetto Fratin continua a parlare di nucleare (l’ultima uscita è quella di produrre reattori a Mirafiori), è probabile che future decisioni vengano rinviate a dopo le elezioni europee.