E noi facciamone un’altra, era un leit motiv di Nanni quello di ricominciare sempre da capo tornando al luogo da dove si è partiti. Come la rivoluzione. Come il linguaggio. Ma per farne un altro. Il linguaggio senza fine del divenire.

Ho compiuto molti viaggi con Nanni, sempre scavalcando delle frontiere. Il confine è uno spazio che vale come separazione, limitazione o come possibilità di connessione e attraversamento.

Lui lo ha sempre pensato e scritto come spazio di apertura e di sperimentazione. Il confine liberato dagli aculei dei reticolati per la creazione di nuovi territori. O come la forma del linguaggio liberata dalle paludi della sintassi.

Nella sua opera grafica, nei suoi découpages geografici saltano i confini chiusi e si ridisegnano nuovi ambienti del vivente.

Ho iniziato quel viaggio con Nanni molti anni fa, nel 1960 quando con «Linguaggio e opposizione» egli opponeva al comune linguaggio convenzionale, il linguaggio magmatico del parlato fatto di ritmi inconsueti , di grovigli, di immagini spropositate come il luogo di straordinarie apparizioni di fatti e pensieri.

«Di qui – diceva – si fa strada l’idea di una poesia che nasca e viva diversamente. Una poesia più vicina all’articolarsi dell’emozione e del pensiero in linguaggio, espressione confusa e ribollente ancora, che porta su di sé i segni del distacco dallo stato mentale, della fusione non completamente avvenuta con lo stato verbale».

L’ascolto di quelle emozioni, di quel linguaggio era anche la linea di comportamento di noi che in quegli anni facevamo intervento ai cancelli delle fabbriche dove era arrivata una nuova generazione di lavoratori.

Il nostro intervento di antagonismo a quel lavoro, a quello sfruttamento si incontrava sul suo fare poesia come opposizione al dogma e al conformisno che minaccia il nostro cammino, che solidifica le orme alle spalle, che ci avvinghia i piedi, tentando di immobilizzarne i passi.

Con la sua poesia, con la musica di Demetrio Stratos, con il nuovo linguaggio filosofico del marxismo e della fenomenologia ho praticato il viaggio di quegli anni.