Poco più di sei mesi fa, il mondo è rimasto allibito da come un uomo inatteso e sconosciuto si è dimostrato capace di occupare una delle cariche più importanti del pianeta senza perdere umiltà e disinvoltura. Molto tempo prima che Francesco fosse eletto papa, però, un altro sudamericano aveva stupito per il suo stile semplice, il linguaggio diretto e l’amore per cose piccole della vita.

Pepe Mujica e Jorge Bergoglio sono praticamente coetanei, provengono da quel luogo culturale che alcuni chiamano Civiltà del Rio de la Plata, hanno attraversato il turbolento secolo scorso da posizioni di prima fila, e poi, sono entrambi arrivati ai vertici delle rispettive gerarchie: l’uno fu guerrigliero comunista nei Tupamaros e oggi è presidente.

L’altro fu provinciale gesuita ed ora è diventato Pontefice. Quando si sono incontrati a inizio giugno, Francesco ha detto che Pepe era «un uomo saggio», mentre Mujica l’ha definito «un tipo spigliato». Tuttavia, i loro rapporti non sono così distesi come vogliono far credere. Il presidente uruguayano aveva per esempio rifiutato il primo invito in Vaticano di Bergoglio, dicendo di essere a capo di uno Stato «assolutamente laico» e di non poter per questo prendere posizione in fatto di fede.

Qualche mese dopo, quando il Papa è arrivato in Brasile per le Giornate della Gioventù, ha detto che «la propagazione e l’influenza chimica delle droghe non si riduce liberalizzandole, come si sta discutendo invece in varie parti dell’America Latina». Secondo voi di che parti parlava? Mujica, per non essere da meno, ha rilanciato qualche giorno dopo dicendo: «Se Dio esiste spero che dia una mano al Papa, perché ha davanti a sé il compito di riformare l’unica corte antica che resta sulla faccia della terra».