Il conteggio dei voti del Referendum e della Consulta di domenica 21 aprile va a rilento, tuttavia i risultati sono già certi: degli 11 quesiti referendari e della Consulta 9 vanno a favore del governo e 2 alle opposizioni. Il giorno dopo quindi c’è entusiasmo su entrambi i lati. Il presidente della Repubblica Daniel Noboa si è detto soddisfatto e intenzionato a proseguire la lotta al narcotraffico e alla deliquenza dopo una tale affermazione.

«DA DOMANI avremo a disposizione più strumenti per combattere la delinquenza e restituire la pace alle famiglie ecuadoriane», ha dichiarato Noboa in conferenza stampa dopo aver visto i risultati parziali. Il «Si» ha raggiunto il picco del 70% in almeno 2 dei 9 quesiti in cui ha prevalso.

Dall’altra parte i partiti e le organizzazioni sociali all’opposizione, hanno dichiarato di essere molto soddisfatti in quanto il «No» è stato maggioritario con percentuali importanti nei quesiti «D» (arbitraggio internazionale, 65.5%) e «E» (introduzione del contratto lavorativo ad ore, 69.6%). Il leader della Confederazione indigena Conaie, Leonidas Iza, tra i promotori del «No» fin dall’inizio, ha definito l’esito del voto una vittoria dell’unità e dell’organizzazione. Nei giorni scorsi aveva avvertito: «Non importa il risultato finale, noi proseguiremo la lotta».

Anche per i leader della Revolución Ciudadana Luisa González e Andrés Arauz – rimasti tiepidi durante la campagna referendaria – «si tratta della vittoria del popolo ecuadoriano».

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Un altro dato da registrare è l’alto astensionismo. Tre ecuadoriani su 10 non sono andati a votare. Dato impressionante, visto che in Ecuador il voto è obbligatorio e sono previste sanzioni pari al 10% del salario base unificato (Sbu), che equivale a 46 dollari Usa. Materia di riflessione per una classe politica che negli ultimi tempi ha convocato le urne ogni 12-14 mesi. Disaffezione e stanchezza crescono anche in Ecuador, non solo nella vecchia Europa.

SE SI ANALIZZANO I DATI a livello territoriale emergono dei punti interessanti per il breve e medio periodo politico del Paese. Laddove esiste un buon radicamento della Conaie e del partito indigeno Pachkutik, come per esempio nelle regioni centrali della Cordigliera delle Ande, il «No» vince con percentuali superiori alla media nazionale. Nel Cotopaxi ai quesiti «D» ed «E» ha ottenuto quasi l’80%. Nella regione costiera di Manabì, roccaforte del correismo, il «No» vince in 8 quesiti con percentuali anche superiori al 73%.

Infine, la regione amazzonica di Sucumbios, dove il «No» vince addirittura in 10 dei quesiti, si conferma un laboratorio molto importante per le forze progressiste dell’Ecuador. Qui, la Revolución Ciudadana e la Conaie son ben radicate in tutto il territorio e questo elemento dovrebbe far riflettere le dirigenze e le basi locali dei due partiti per cercare di affrontare seriamente un discorso di alleanze strategiche e programmatiche per le elezioni presidenziali del 2025.

SUCUMBIOS potrebbe quindi essere il laboratorio politico e sociale per costruire un campo largo progressista che possa sconfiggere le destre tra meno di 10 mesi e frenare finalmente le nefaste politiche economiche neoliberiste subite dall’Ecuador negli ultimi 7 anni.

Se i partiti e le organizzazioni sociali festeggiano, in tutto il Paese si registrano ancora black-out anche di molte ore. Da una settimana l’energia in Ecuador è razionata per la forte crisi energetica iniziata sotto l’ex governo neoliberista di Guillermo Lasso.
Gli apagones hanno generato malcontento tra la popolazione e parte dei settori commerciali che vedono perdite importanti in termini economici. Il presidente della Federazione nazionale delle Camere del commercio dell’Ecuador, Miguel Ángel González, ha stimato perdite per il settore commerciale intorno ai 20 milioni di dollari per ogni ora senza energia elettrica.

IL 18 E 19 APRILE è stata sospesa la giornata lavorativa nei settori pubblico e privato con un decreto esecutivo. La crisi energetica ha generato una disputa nell’arena politica e mediatica nella quale il presidente Noboa ha denunciato atti di sabotaggio senza specificare quali non ancora chiariti e ha chiesto le dimissioni della ministra dell’Energia Andrea Arrobo.
Dall’altra parte le opposizioni danno la colpa al governo per alla pessima gestione di un sistema idroelettrico che durante i 10 anni di correismo non ha registrato problemi.