Finisce male, malissimo, la lunga notte delle liste al Nazareno. Sono passate da parecchio le due quando la minoranza di Orlando e quella di Emiliano abbandonano la sala. Non voteranno le liste di Renzi. La spaccatura è verticale. Il voto finale sarà bulgaro: 117 sì, un no e zero astenuti.

Il leader del Pd ammette che è stato un lavoraccio, e dalla mezzanotte ha capito che non ci sarà un sì unanime. Dei 200 posti considerati sicuri, ben oltre l’80 per cento va ai suoi candidati. Il prossimo gruppo del Pd sarà composto praticamente solo di fedelissimi. Con i quali manovrerà la probabile sconfitta del voto.  Vanno a farsi benedire le quote congressuali: aveva vintole primarie con il 69,2 per cento, Orlando aveva avuto il 20 per cento dei congressi e il 9 Emiliano. Renzi procede come un panzer:  «Abbiamo ricevuto dei no, alcuni mi hanno fatto male: persone con cui abbiamo fatto anche un pezzo di strada insieme», spiega all’alba alla direzione. A mezzanotte e mezza, al quinto slittamento dell’assemblea, la minoranza orlandiana chiede una pausa più lunga per valutare l’ultima versione delle liste. Niente da fare. Tanto Renzi non molla. Orlando ordina la ritirata (dalla direzione, non dalle liste): «Sarebbe stato giusto consentire a tutta la direzione e non solo la maggioranza di avere almeno un’ora per potere valutare l’insieme delle candidature. Non siamo stati neanche in grado di sapere qual è la distribuzione dei candidati».Fra le ‘scuse’ che Renzi usa per asfaltare la rappresentanza della minoranza è la presunta assenza di rinnovamento nei nomi proposti. «Non mi pare che nella maggioranza del partito ci siano proposte di grande rinnovamento», polemizza Orlando a mattina inoltrata da Catanzaro, dove da ministro della Giustizia presenzia all’apertura dell’anno giudiziario. «I fatti stanno in un’altra direzione tra i nomi che avevamo proposto c’erano giovani ricercatori. Se il tema era scegliere tra le nostre proposte e i giovani c’erano tutte le possibilità di farlo». Fra le liste fortissimamente volute da Renzi c’è il figlio del presidente della Campania De Luca, Piero, nel collegio uninominale di Salerno città e capolista nel proporzionale a Caserta; e il suo braccio destro Franco Alfieri, l’uomo ‘delle fritture’ corre all’uninominale Cilento-Agropoli-Vallo di Diano: un esempio del ‘rinnovamento’ secondo Renzi.

IN TUTTA LA GIORNATA DI VENERDì si èconsumato il braccio di ferro fra Renzi e Orlando. La direzioner era slittata tre volte: dalla mattina alle 10 e 30 al pomeriggio alle 16 alla sera alle 20 alla notte alle 22 e 30. Alle quattro di mattina della notte precedente Renzi aveva mandato tutti a casa, per poche ore: lui non molla, la trattativa è in stallo. «È chiaro che si riducono i parlamentari, ma tutti devono assumersi una quota di questo peso che va equamente ripartito», avverte Gianni Cuperlo.

UN NUOVO INCONTRO in giornata viene intercettato dai cronisti. Dura ben quattro ore. Ma dallo staff di Renzi arrivata la smentita. Le delegazioni regionali in rivolta sfilano nel pomeriggio davanti al segretario, Guerini, Lotti, Rosato e Orfini. Molti nomi ballano. In tarda serata non sono ancora stati ricevuti (neanche stavolta) il trio di Insieme, Bonelli-Nencini-Santagata. Che lancia l’ennesimo appello disperato.

MA RENZI HA BEN ALTRE gatte da pelare. In mattinata Roberto Giachetti annuncia che si sfila dal proporzionale e corre all’uninominale di Roma-Monteverde. Un bel gesto, il collegio non è sicuro: ma era destinato al radicale Riccardo Magi. Che dovrebbe traslocare all’Eur. Dove però c’è già la combattiva Prestipino. Insomma, la matassa invece di sbrogliarsi si imbroglia.

ANCHE PERCHÉ Andrea Orlando minaccia di non votare le liste, e il problema non sono solo i numeri. Il segretario vuole «facce nuove» e fra gli orlandiani non ce n’è molte. Sarebbe escluso Cesare Damiano (alla fine invece la spunterà).  Lorenzo Guerini smentisce veti. «Stiamo lavorando tutti assieme per individuare le candidature che possano avere sul territorio maggiori possibilità di vittoria», giura. In tarda serata la proposta renziana è quella iniziale: 15-16 posti sicuri a Orlando (che forse ne spunterà 20), 6-7 a Emiliano. Tutte le altre correnti sono ridotte ai minimi: con quella di Franceschini, fin qui la più numerosa, quella di Orfini e quella di Martina, cinquanta posti in tutto (erano con il segretario al congresso, non hanno una quota di riferimento). A Renzi invece, andrebbero 150 parlamentari. Finisce che ne ha anche di più. Vengono annunciati i nomi del saggista Giuliano Da Empoli e del condirettore di Repubblica Tommaso Cerno. Maria Elena Boschi rinvia la presentazione della sua candidatura a Bolzano prevista nel pomeriggio. Ma, fa sapere, «è solo un rinvio tecnico».