Battaglia di termini tra ministri europei degli esteri sulla guerra tra Israele e Hamas. Germania, Austria e Repubblica ceca rifiutano qualsiasi espressione che possa essere interpretata come un invito a limitare il diritto di Israele a difendersi, mentre ci sono ancora 240 ostaggi. Il capo degli aiuti umanitari della Ue, Janez Lenarcic, ha chiesto ieri ai ministri riuniti ieri a Bruxelles di accordarsi sulla richiesta di «pause» chiare, perché – afferma – la metà degli ospedali di Gaza ormai non hanno più carburante per garantire il funzionamento e devono poter essere riforniti.

La Francia cerca un equilibrio (Emmanuel Macron, dopo aver sostenuto il diritto di Israele a difendersi e aver aggiunto più tardi «nel rispetto del diritto internazionale umanitario», ha evocato un «cessate il fuoco» e si è spiegato con il presidente israeliano Isaac Herzog e il ministro Benny Ganz, attenuando la portata delle sue dichiarazioni). La Ue «condanna l’uso degli ospedali e dei civili come scudo umanitario da parte di Hamas» e Germania, Francia e Italia prefigurano un piano per imporre delle sanzioni a Hamas (per essere certi che nessun finanziamento Ue finisca nelle mani dell’organizzazione).

Questa settimana il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, va in Israele, nei Territori, in Bahrein, Arabia Saudita, Qatar e Giordania per discutere sull’accesso degli aiuti umanitari a Gaza. Ma Borrell è considerato da alcuni paesi Ue un elettrone libero, che fa affermazioni che vanno al di là del mandato dei 27. Borrell insiste sulla «pausa» (non sulle «pause») a Gaza, un sinonimo di cessate il fuoco e ripete: «La Ue è fortemente preoccupata per la crisi umanitaria a Gaza che si aggrava».

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La Ue deve ormai affrontare due guerre. Ieri al centro della riunione dei ministri degli esteri c’era l’Ucraina, presente anche il ministro Dmytro Kuleba. Per Josep Borrell, la Ue deve inviare «un messaggio unitario di sostegno», i futuri impegni sulla «sicurezza dell’Ucraina restano la principale priorità della Ue». il “ministro degli esteri” europeo insiste sulla differenza «tra i due conflitti» e la necessità di combattere gli argomenti di chi accusa la Ue e l’occidente di doppio standard.

I ministri della difesa Ue il 10 novembre avevano constatato lo stallo in Ucraina e difficilmente riusciranno a mantenere la promessa, fatta mesi fa, di consegnare all’Ucraina un milione di munizioni calibro 155 entro marzo 2024 (per ora siamo a 300mila, abbiamo svuotato i magazzini). I 27 si scontrano sui finanziamenti a Kyiv, finora sono stati dati 25 miliardi di sostegno militare (6 nel quadro dell’European Peace Facility e 19 in aiuti bilaterali): in ballo adesso ci sono 20 miliardi nel quadro dell’European Peace Facility e 50 miliardi per i prossimi 4 anni da inserire nel budget Ue.

Un’ipotesi è dividere questa somma in tranches di 5 miliardi e votare ogni anno per i versamenti successivi. L’Ungheria frena sull’ottava tranche di aiuti all’Ucraina (vuole garanzie su una sua banca, l’Otp, che pretende sia tolta dalla black list dei pro-russi). Irritazione francese: «Non capisco l’ostruzione continua» di Budapest, ha detto la ministra Catherine Colonna. Intanto continua il programma di addestramento di militari ucraini nella Ue (35mila persone).

Riunione anche con i Balcani, con particolare attenzione alle questioni della «sicurezza». Un non paper di Italia, Croazia, Austria, Grecia, Slovacchia e Slovenia propone una «più profonda cooperazione» e di far partecipare Serbia, Bosnia, Albania, Montenegro, Macedonia a dei programmi Ue, per la politica estera i meeting informali Gymnich. In discussione anche lo stallo per la presidenza dell’Ocse nel 2024, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, a causa del veto della Russia sulla candidatura dell’Estonia.