Da Centocelle, San Lorenzo, Spinaceto, Cinecittà e molti altri quartieri romani decine di cittadini e attivisti hanno affollato ieri la sala principale della Casa della città. Il motivo: un’assemblea pubblica sul nuovo regolamento che dovrebbe finalmente mettere un punto sull’assegnazione degli spazi del patrimonio indisponibile capitolino. L’iniziativa è stata convocata dall’assessore al patrimonio Tobia Zevi e dai presidenti delle commissioni cultura, politiche sociali e regolamento.

«La 140 è stata un disastro», esordisce Zevi affermando quello che altri esponenti del centro-sinistra hanno ripetuto negli incontri sul tema in giro per Roma. Si tratta del provvedimento approvato nel 2015 dalla giunta Marino che ha compromesso le assegnazioni di oltre 600 spazi pubblici ad altrettante realtà culturali e sociali. In pratica tutto il tessuto associativo della città che da anni è vessato da richieste economiche e vive in una zona grigia che in vari casi ne ha compromesso le attività.
In molti credevano che durante l’assemblea sarebbe stato presentato il testo della nuova delibera che l’amministrazione comunale vorrebbe far passare entro l’estate per ricominciare subito dopo con le assegnazioni.

Il testo non c’è, ma Zevi abbozza le linee guida che lo orienteranno. In primo luogo, come richiesto per sette anni dalle associazioni, il bando non sarà l’unico strumento per regolare la presenza all’interno del patrimonio capitolino. E neanche il principale. L’assessore indica, tra gli altri, i patti di collaborazione e le istanze di parte. Queste ultime serviranno in particolare a facilitare la permanenza, sulla base di un progetto, di chi da anni svolge attività a favore della popolazione romana all’interno degli spazi precedentemente assegnati. Non si sa, però, quali saranno i criteri per valutare il loro impatto sociale. E questo è un primo tema di dibattito.

La seconda questione caldissima è il futuro di tutte le realtà su cui gravano debiti maturati a partire dall’inadempienza delle procedure messe in campo dalle precedenti amministrazioni comunali. Ad alcune il canone sociale abbattuto al 20% è stato ricalcolato retroattivamente a prezzi di mercato generando centinaia di migliaia di euro di pregresso. L’assessore indica tre possibilità: ristabilire l’affitto calmierato, rateizzare i debiti o trovare un accordo attraverso una transazione. Non è però chiaro come queste strade saranno percorribili nei casi concreti. È soprattutto su questo punto che emerge l’opposizione di chi ritiene quei debiti illegittimi e chiede che i servizi e le attività offerte per 10, 20, 30 anni a titolo gratuito siano riconosciute dal Comune attraverso la cancellazione del dovuto e nuove assegnazioni.

Su questo nodo e sulla traduzione dei principi enunciati in atti amministrativi che li riflettano davvero si verificherà nelle prossime settimane la possibilità di aprire un nuovo capitolo nei rapporti tra istituzioni e cittadinanza attiva. Rapporti duramente compromessi a partire dal 2015 e segnati da un alto grado di sfiducia.