Leonor di Borbone è da ieri ufficialmente l’erede al trono di Spagna. Lo ha sancito una pomposa cerimonia di giuramento di fedeltà alla costituzione nella Camera dei deputati della primogenita di Felipe VI. L’ultima, e anche l’unica, altra volta che un futuro monarca spagnolo aveva giurato la costituzione al compiere la maggiore età era stato nel 1987 quando lo stesso Filippo era stato sottoposto a questo rituale.
Il parlamento che ha assistito a quest’evento pieno di retorica nazionalista, con tripudio di bandiere e inni nazionali a ripetizione, è molto diverso da quello di allora: nel 1987 c’erano pochissime deputate, e al governo c’era un altro socialista, Felipe González. Nessuno dei suoi ministri era donna. Oggi c’è un governo ancora dimissionario, ma formato per metà da ministre, una presidente del Congresso donna, e quasi la metà dei deputati sono donne. Ma Leonor, se mai diventerà capo dello stato, lo potrà fare solo perché non ha avuto fratelli maschi – in Spagna infatti, ancora vige la legge salica.

Leonor però rappresenta una Spagna del futuro – ed è questa l’immagine che ha voluto trasmettere la Casa Reale. Una Spagna più femminile, proprio il giorno dopo che era stata una calciatrice spagnola, Aitana Bonmatí, a vincere il Pallone d’oro.
Ma più che chi c’era, è importante notare chi non c’era: mancavano i presidenti di Catalogna e Paesi Baschi, mancavano quasi tutti i deputati e i ministri della quota Sumar. C’era solo la vicepresidente Yolanda Díaz e due deputate; né le ministre di Podemos, Ione Belarra e Irene Montero; né il ministro del consumo, il comunista Alberto Garzón, e neppure 28 dei 31 deputati di Sumar. Come pure erano assenti tutti i deputati dei partiti nazionalisti catalani, baschi e galiziani: tutti i partiti di cui Pedro Sánchéz avrà bisogno per la sua investitura.

LA MONARCHIA continua a essere un tema tabù in un paese dove il sentimento monarchico non è molto forte: non c’erano neppure gli ex sovrani, Juan Carlos e Sofia, per evitare che l’ombra lunga delle corruttele del Borbone più anziano toccasse la giovane rampolla. Ma Leonor è stata anche l’asso nella manica di Pedro Sánchez, che abilmente ha organizzato l’incontro del suo numero tre a Bruxelles con Carles Puigdemont, con tanto di foto ufficiale, proprio il giorno prima del giuramento.

La foto è stata imposta dai nazionalisti catalani per mettere in scena una normalizzazione dei rapporti con chi fino a pochi mesi fa era considerato un reietto profugo della giustizia. Ma la notizia ha occupato solo per poche ore i giornali prima del giuramento di Leonor, anche se il Pp ha strillato a squarciagola per denunciare che Sánchez stava svendendo il paese. L’ostentazione di un incontro tanto polemico si spiega solo con il fatto che un accordo è stato raggiunto. I bene informati parlano già della settimana prossima per l’investitura di Sánchez. Il conto alla rovescia prima che scattino le elezioni automatiche segna come data limite quella del 27 novembre.