L’importante è non importare il conflitto mediorientale in Francia, dove convivono le più grosse comunità ebrea e musulmana d’Europa. Dal 7 ottobre è questo l’obiettivo del governo. Ieri mattina la scoperta che ha paralizzato molte persone: negli arrondissement del sud di Parigi, in particolare il 14esimo ma anche 13esimo e 15esimo, gli abitanti hanno trovato alcuni muri con disegnata la stella di David, una sessantina, tutte uguali, blu, impresse sulle facciate di numerosi condomini. Altre scritte, non solo la stella di David ma anche delle svastiche, sono state individuate in alcuni comuni attorno a Parigi, nei dipartimenti degli Hauts-de-Seine e della Seine-Saint-Denis, nelle città di Vanves, Fontanay-aux-Roses, Aubervilliers, Saint-Ouen e anche in Normandia. Un’inchiesta è stata aperta dalla procura di Parigi che per ora invita alla prudenza non avendo ancora stabilito con certezza la matrice antisemita del gesto: «Non sappiamo se si tratta di un insulto al popolo ebraico o una rivendicazione di appartenenza». Le reazioni, comunque, non si sono fatte attendere. La prima ministra Elisabeth Borne ha parlato di «azioni ignobili», «evocazione agghiacciante del passato».

IL GOVERNO, ha detto Borne, «condanna con assoluta fermezza» e «non lascerà passare niente». Per la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, «l’antisemitismo non ha posto nel nostro paese», la sindaca del XIV arrondissement, Carine Petit, afferma che questi atti «ricordano procedimenti degli anni ’30 che hanno portato allo sterminio di milioni di ebrei».
DAL 7 OTTOBRE, dall’attacco terrorista di Hamas in Israele, in Francia ci sono state più di 850 azioni antisemite, più di 430 persone sono state interrogate dalla polizia, ci sono già state le prime condanne (6-8 mesi di carcere, altri condannati al braccialetto elettronico). Ci sono state più di 6mila segnalazioni di atti antisemiti online sulla piattaforma Pharos. In più di 600 edifici frequentati dagli ebrei è stata aumentata la protezione.

Gli ebrei francesi hanno paura: c’è chi ha tolto la Mezouza dalla porta di casa, chi non osa più spostarsi a Parigi e dintorni con la kippa, sono stati segnalati problemi con dei riders Uber, molti ormai rinunciano a ordinare dei pasti a casa. La ministra dell’insegnamento superiore, Sylvi Retailleau, ha segnalato scritte antisemite nel campus di Tobiac. Urla antisemite anche allo stadio di Marsiglia, dopo il ferimento dell’allenatore del Lyon e l’annullamento della partita. In tre settimane ci sono stati in Francia più atti antisemiti che in tutto il 2022. «Questi atti rispondono a due motivazioni – analizza Jonathan Arfi, presidente del Crif (che rappresenta gli ebrei di Francia) – l’indignazione (per il conflitto mediorientale) e l’effetto mimetico».
E non mancano momenti di tensione come quello avvenuto ieri mattina alla fermata Bibliotèque François Mitterand dell’Rer C (rete express regionale). La polizia ha sparato 8 colpi di arma da fuoco contro una donna velata che ha urlato più volte «Allah Akbar» e, dopo essere stata isolata dagli altri passeggeri, ha minacciato di farsi esplodere. E’ ferita gravemente e non sono stati trovati esplosivi nascosti. Sono state aperte due inchieste per chiarire i fatti. Sembra che la donna fosse già stata condannata nel passato e che abbia problemi psichiatrici.

Ieri sono arrivati a Parigi alcuni famigliari di ostaggi di Hamas che hanno la nazionalità francese o la doppia nazionalità. Un viaggio per chiedere alla Francia di non abbandonarli e di agire per la loro liberazione. Sono stati ricevuti all’Assemblée nationale. Il presidente Macron in questi giorni ha più volte ricordato che la Francia «non abbandona» i suoi figli.

CI SONO GIÀ CONSEGUENZE politiche. La Nupes, l’alleanza di sinistra, è a pezzi. La France Insoumise non è riuscita a dire che l’attacco di Hamas del 7 ottobre è stato un atto terrorista, Générations è uscita dall’intesa, gli Ecologisti, il Ps e il Pcf hanno preso le distanze. Jean-Luc Mélenchon ha denunciato il viaggio in Israele e le dichiarazioni di sostegno a Israele della presidente dell’Assemblée nationale, Yaël Braun-Pivot, utilizzando termini sconcertanti: la presidente «accampata» in Israele, con un terribile riferimento ai campi di concentramento. Già la capogruppo della France Insoumise, Mathile Panot, si era rivolta a Elisabeth Borne definendola una «rescapé» (sono i sopravvissuti dei campi, il padre della prima ministra era stato deportato). Tensioni anche a Renaissance, il partito di Macron, dove alcuni hanno preso posizioni più pro-Israele criticando l’equilibrio ricercato dalla ministra degli Esteri, Catherine Colonna.