«Macron ordure», spazzatura, recita la scritta su di una paratia a fianco dell’ingresso del più grande inceneritore parigino, al confine sud-est della capitale. Un paio di centinaia tra spazzini, sindacalisti, studenti e altri attivisti cercano di scrollarsi il freddo di dosso davanti ai cancelli dello stabilimento, chi sfregandosi le mani, chi cantando cori. Oggi è ripartito lo sciopero degli spazzini parigini, iniziato il 7 marzo scorso e poi interrotto il 29, che aveva ricoperto un ruolo fondamentale nel rilancio della mobilitazione contro la riforma delle pensioni di Macron, seppellendo Parigi sotto i rifiuti.

Un gruppetto di spazzini e camionisti ridacchia a margine del picchetto che si va infittendo ora dopo ora. «Hai visto gli studenti? Ormai sono sempre qua!», dice un autista dei camion spazzatura di un deposito lì vicino, commentando l’ormai abituale presenza degli universitari. Un altro riferisce di come i liceali abbiano utilizzato i cassonetti per bloccare gli ingressi delle scuole. ««Ho visto dei ragazzini legare assieme una ventina di cassonetti, la polizia ci ha messo mezz’ora a sbloccarli!», racconta divertito.

Il successo della mobilitazione degli spazzini di qualche settimana fa è dovuta «a un lavoro d’organizzazione incredibile», dice Karim (nome inventato, su richiesta: molti spazzini mobilitati temono repressioni sul luogo di lavoro). «Un lavoro che speriamo di ripetere. Per bloccare la raccolta a Parigi il coordinamento tra i vari siti è essenziale, riuscire a bloccare i camion al posto giusto al momento giusto… per fortuna siamo riusciti a coordinarci coi colleghi del privato», cioè non direttamente impiegati dal comune di Parigi. E ora che ricomincia lo sciopero, «speriamo che ci sia molta partecipazione. I nostri vecchi hanno lottato per conquistare i diritti di cui godiamo, noi non possiamo permetterci d’indietreggiare di fronte a Macron».

Mentre arrivano le notizie dei blocchi sugli altri siti del flusso del pattume parigino, compare Sophie Binet, la neoeletta segretaria della Cgt. Accolta come una star, spiega che «quello che è accaduto qui è esemplare di quello che sta succedendo nel paese. Qui, agli scioperi e ai blocchi hanno fatto seguito la repressione e le precettazioni. Il fatto che lo sciopero riparta mostra la determinazione dei lavoratori ad andare fino in fondo», fino al ritiro della riforma di Macron, che Binet giudica «completamente disconnesso dalla popolazione».

La segretaria della Cgt pensa che gli spazzini pongano la questione «essenziale» dei lavori usuranti, «mestieri che non si possono più svolgere a 60, 50 anni». «È tutto molto concreto per loro», osserva Mathilde Panot, capogruppo della France Insoumise all’Assemblée Nationale, accorsa al mattino presto per prestare manforte al picchetto davanti all’inceneritore. «Questa riforma tocca nella carne» chi fa lavori usuranti, dice, «per questo sono così attivi in questo movimento, sebbene non facciano parte dei settori più sindacalizzati. E credo che ci abbiano dato una grande mano in questo movimento. Quando delle vie intere di Parigi diventano discariche a cielo aperto, innanzitutto ci si rende conto di quali sono i lavori essenziali; e poi ha permesso di rendere visibile la lotta contro la riforma delle pensioni».

Il picchetto non cessa di ingrandirsi e, a un certo punto, scatta il blocco effettivo dei camion dello stabilimento: un cordone di giovani si piazza sulla strada, la polizia arretra, e dall’interno, dei lavoratori srotolano uno striscione colossale, accendendo dei fumogeni. Per oggi, niente spazzatura, né in ingresso né in uscita.