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Dalla piazza alla fronda, i tormenti interni dei socialisti francesi

Dalla piazza alla fronda, i tormenti interni dei socialisti francesiOlivier Faure, segretario del Partito Socialista francese

Francia Il Ps non parteciperà alla manifestazione del 7 settembre convocata da Mélenchon. Mentre l’ala destra critica il segretario

Pubblicato circa un mese faEdizione del 30 agosto 2024

L’autunno francese si annuncia bollente e, soprattutto, precoce. Di fronte al «colpo di mano» – come l’hanno definito i responsabili del Nuovo Fronte Popolare – di Emmanuel Macron, che ha rifiutato di nominare prima ministra la candidata del Nfp Lucie Castets, i partiti e le strutture della gauche hanno annunciato l’avvio delle mobilitazioni.
Gli unici non pervenuti, almeno finora, sono i membri del Partito socialista, il secondo partito del Nfp, esitanti sulle forme della mobilitazione a venire, e scossi all’interno da una fronda minoritaria opposta all’unione della gauche – in particolare, da quando essa è guidata da La France Insoumise.

RIUNITI A BLOIS (Loir-et-Cher) per la loro kermesse estiva, i socialisti vivono una seconda fase di tensione interna rispetto all’unione delle sinistre, dopo quella scatenata dalla creazione della Nupes nel 2022.

Nei giorni scorsi, il segretario del partito Olivier Faure ha rifiutato – di concerto con gli alleati del Nfp – di partecipare al secondo round delle consultazioni chiamate da Macron dopo l’esclusione di Lucie Castets. Martedì, i deputati socialisti e il bureau national (l’istanza dirigente del partito) si sono espressi «a schiacciante maggioranza» per la «sfiducia di qualunque governo che prolunghi la politica» di Macron.

Tale linea unitaria è criticata dalla componente più conservatrice dei socialisti, un’ala minoritaria per la quale la strategia dell’attuale direzione «non incarna la sinistra di governo», come ha detto Hélène Geoffroy, una delle cape dell’opposizione interna, a Le Parisien domenica. «In tre settimane siamo passati dalla linea di Raphaël Glucksmann a quella di Jean-Luc Mélenchon», secondo Geoffroy.

L’ex-capolista alle europee dei socialisti è intervenuto proprio ieri sera a Blois, criticando il «metodo» dell’alleanza delle sinistre, colpevole, a suo dire, di aver chiuso la porta alla discussione politica. «Bisognava impostare delle priorità e discutere con gli altri partiti» al di là del Nfp, ha detto Glucksmann.

NEI GIORNI SCORSI, l’idea di una grande coalizione che vada dalla destra repubblicana ai socialisti – rompendo quindi il Nfp – è circolata con insistenza, così come il nome dell’ex-premier di Francois Hollande, Bernard Cazeneuve, come possibile leader di un tale accrocchio.

La nomina di Cazeneuve «farebbe dei danni nei ranghi parlamentari del Ps, e questo indebolirebbe meccanicamente la nostra coalizione, e in primo luogo i socialisti», ha avvertito Jean-Luc Mélenchon ieri sul suo blog. «Le offensive dei grandi baroni del Ps e l’indecisione del centro del partito disturbano il messaggio che il Nfp lancia al paese», ha scritto il leader di Lfi.

GLI INSOUMIS, dal canto loro, hanno invitato a mobilitarsi già dal 7 settembre, augurandosi che «le forze politiche, sindacali e associative che hanno a cuore la difesa della democrazia si uniscano all’appello», si legge in un comunicato.

È proprio la questione dell’adesione della Cgt, il principale sindacato francese, a costituire uno degli interrogativi di questa attuale e rovente fase politica. Sin dall’adozione della «Carta di Amiens» nel 1906 – uno dei testi fondatori del sindacalismo rivoluzionario – la Cgt ha sempre rivendicato una particolare autonomia dai partiti politici, malgrado una lunga ubbidienza al Partito Comunista Francese (Pcf) tra il dopoguerra e i primi anni ’90.

Da allora, il sindacato ha sempre tenuto a coltivare e proteggere la propria indipendenza dalle strutture della sinistra istituzionale. Così, malgrado l’opposizione frontale esercitata contro le riforme neoliberali del socialista François Hollande, la Cgt non ha mai allacciato relazioni sostanziali con La France Insoumise.

ANCORA NEL 2023, durante il movimento contro la riforma delle pensioni, l’ex-segretario della Cgt Philippe Martinez aveva accusato Jean-Luc Mélenchon di cercare di «appropriarsi del movimento sociale per relegare i sindacati in secondo piano». Dall’elezione di Sophie Binet alla guida della Cgt nel 2023, tuttavia, il panorama sembra leggermente cambiato. Dopo l’annuncio della dissoluzione dell’Assemblée Nationale a giugno, Binet ha guidato il sindacato verso un sostegno attivo e ufficiale al Nfp, un passo senza precedenti nella storia dei rapporti tra i partiti e la Cgt. Sfilare in una piazza chiamata dalle direzioni partitiche, tuttavia, sembra essere ancora una soglia che il sindacato non intende varcare. La Cgt ha infatti chiamato a uno sciopero «interprofessionale» l’1 ottobre (giorno di apertura dei lavori parlamentari sul budget) contro «il colpo di mano» di Macron, come scritto in un comunicato del sindacato diffuso ieri.

Senza sconfessare «le forze politiche che hanno preso la loro responsabilità chiamando il 7 settembre», si legge, la Cgt intende mantenere il suo calendario, augurandosi che tutte le date, partitiche o sindacali, siano un successo in termini di partecipazione.

I PARTITI, dal canto loro, convergeranno sulla data lanciata dagli insoumis: dopo un’iniziale esitazione, infatti, sia gli Ecologisti che il Pcf hanno deciso di marciare assieme a Lfi il 7, unendosi a varie organizzazioni giovanili e associazioni.

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