A ben 11 anni dalla riforma Fornero, la Francia è alle prese con un nuovo tentativo di riformare le pensioni. Dopo un primo tentativo stoppato dalla pandemia, Macron ha rilanciato la necessità di innalzare l’età pensionabile. I numeri sono chiari: l’innalzamento previsto dalla riforma presentata in parlamento dalla premier Elisabeth Borne prevede di alzare l’età dagli attuali 62 a 64 anni. Avverrà gradualmente con un ritmo di 3 mesi l’anno a partire dal primo settembre: sarà fissato quindi a 63 anni e 3 mesi nel 2027 alla fine del mandato del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron e raggiungerà il target di 64 anni nel 2030.

Il confronto con l’Italia è pietoso: la nostra età per il pensionamento di vecchiaia è di 67 anni già dal 2018. E solo la pandemia lo ha fermato. L’infernale meccanismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita farà presto aumentare l’età pensionabile: le previsioni stimano che si raggiungerà i 70 anni entro il 2040.

A rendere molto diverse le riforme è poi anche il sistema di calcolo dell’assegno di pensione. Fin dalla riforma Dini del 1995, l’Italia ha deciso di applicare il contributivo: l’assegno è calcolato sul montante di contributi versati negli anni di lavoro. In Francia invece, sebbene con alcuni aggiustamenti, vige ancora il sistema retributivo con un periodo ampio di calcolo della retribuzione pensionabile: l’assegno è calcolato rispetto ai migliori 25 anni di contributi.

Naturalmente il metodo contributivo penalizza coloro che non hanno versato contributi con continuità, in primis i lavoratori precari. Mentre il metodo retributivo permette di avere pensioni alte anche con (relativamente) pochi anni di contribuzione.
Se Francia (e Germania) sono nella necessità di correggere il loro sistema, l’Italia al contrario fa i conti con 10 anni di austerità previdenziale, usata per ridurre il debito pubblico con 130 miliardi di risparmi già a bilancio.

Tanto che una modifica strutturale della legge Fornero è all’ordine del giorno. Proprio oggi parte il confronto fra governo e parti sociali. I sindacati chiedono flessibilità in uscita da 62 anni, pensione di garanzia e riconoscimento del lavoro di cura. Insomma, di fare marcia indietro dall’austerità.