Tutto, del resto, è straordinario per lei: pare venuta da un mondo diverso da quello dove vive, e la sua fantasia è piena di ricordi confusi di quel mondo di sogno, mentre la realtà di questo non le dispiace, se la guarda a modo suo, cioè anch’esso coi colori della sua fantasia. Nel primo capitolo del libro Cosima, quasi Grazia, autobiografia di Grazia Deledda pubblicata postuma nel 1936, c’è il manifesto poetico e spirituale della scrittrice.

Tutto è stato davvero straordinario per lei: vivere, esprimere la vita a parole, vivere di quelle parole. Vincere un Nobel e candidarsi, prima donna italiana, in Parlamento, nel marzo 1909, nel collegio di Nuoro della Camera per il Partito Radicale Italiano.

L’hanno definita verista, decadente, assimilata a Verga. Avversa a Croce e Pirandello che non le hanno fatto buona stampa. A farle sconti sono stati in pochi in effetti. Vinti i confini che il ruolo di donna – pur in una famiglia che le ha consentito un’istruzione privata multilingue e l’accesso ai libri- le imponeva, una volta raggiunta la fama si è vista disconosciuta come scrittrice: non solo criticata ma accusata, anche da corregionali che si sono ritrovati nei personaggi descritti nei suoi libri, di avere un ghost writer.

La mancanza di riconoscimento e riconoscenza sono pegno doloroso per quanti, quante soprattutto, si fanno largo con la propria voce nel mondo; un’altra sarda, Michela Murgia, ha espresso invece a Grazia Deledda gratitudine: per avere con le sue parole, fatto dolorosamente ma necessariamente emigrare non solo se stessa ma tutta la terra sarda, e messo un ponte tra l’isola e il resto del Paese. «Su quel ponte cammino anche io» ha detto Murgia a Rai Cultura; anche lei ha pubblicato un libro postumo, non la sua autobiografia ma quasi, almeno negli aspetti del racconto di cosa può essere, ed è stato in effetti per lei, famiglia. Un testamento, morale, si dice, ma parlando di Michela Murgia suonano male sia il sostantivo che l’aggettivo: nei suoi testi, compreso questo estremo, non ci sono prediche e le campane suonano sempre a vivo.

«Non è stata studiata abbastanza Deledda» aggiungeva la scrittrice di Cabras, che definisce la collega nuorese sovversiva nonostante le accuse di agnosticismo politico; sovversiva per fatti concludenti e personaggi, quelli di Canne al Vento o dei racconti della raccolta Chiaro Scuro, dove ci sono servi che uccidono i padroni e mogli che tirano uova in testa ai mariti insieme al loro disprezzo.

Alla vincitrice del Nobel per la letteratura, che divenne bilingue varcati i trent’anni, è dedicato un film girato in logudorese, il sardo originario della regione del Logudoro nella parte centro-settentrionale dell’isola, che racconta gli anni della formazione nuorese della scrittrice e prende le mosse proprio dal libro Cosima.

Lo ha girato per la Baby Films Paola Columba, che lo ha sceneggiato con Fabio Segatori, regista di origini sarde autore di un documentario dedicato a Emilio Lussu finalista ai Nastri d’Argento.
Columba nel 2016 ha girato Femminismo! lavoro sulla consapevolezza delle donne , Menzione Speciale Nastri d’Argento, utilizzato al corso di studi del Wellesley College di Boston. Trump era appena stato eletto, le donne americane scendevano in piazza. E oggi che il pericolo tycoon si ripropone e certamente non tirano venti migliori per le donne, in nessuna parte del globo, Columba sceglie come nuova trama al femminile quella della giovinezza di Grazia Deledda. Il film è attualmente in fase di postproduzione, dopo un lavoro di tre anni che ha avuto il sostegno della Regione Sardegna e della Provincia di Nuoro ma che ha subito un arresto anche a causa di un mancato finanziamento ministeriale (parliamo del Governo precedente a questo).

Commenta Paola Columba, che nel documentario Femminismo! e nel libro che ne è stato tratto metteva a confronto vecchie leve della lotta per la parità di genere e ragazzine: «rispetto a sette anni fa il contrasto tra generi e la risposta della sopraffazione e dell’abuso appaiono esacerbate. Dopo lo squarcio evolutivo delle conquiste femministe si assiste a una retromarcia su molti fronti; non sono sanati i danni della mancata o sbagliata trasmissione del valore di quelle vittorie». E trasmissione è la parola chiave anche rispetto al nuovo film, Grazia, che raccontando gli anni della formazione della scrittrice può essere esempio importante per quante e quanti oggi si accingono a tracciare o cambiare la propria rotta professionale ed esistenziale.

«Un lavoro indipendente, filologicamente corretto ma che rifugge una certa idea superficiale di folk e che ci ha impegnato in un grande lavoro sui costumi della Sardegna di fine Ottocento, un tempo che non è stato mai raccontato cinematograficamente» spiega Paola Columba. Fabio Segatori ci tiene a ricordare l’accoglienza riservata alla troupe dalle nonne sarde che «hanno vinto la diffidenza e ci hanno aperto i loro bauli mettendo a disposizione merletti, pezzi preziosi di antichi corredi».

Il cast, su cui spiccano attrici di grande intensità (Donatella Finocchiaro, isolana di Sicilia, che interpreta la madre di Grazia, Galatea Ranzi, la protagonista e la giovane Barbara Pitzianti) ha recitato appunto in sardo antico e il film sarà sottotitolato «una lingua sorprendente che non è compresa neanche dai sardi che parlano altri dialetti» spiegano Columba e Segatori. Dopo il successo di Femminismo! la regista resta sui temi dell’autodeterminazione femminile e l’urgenza di essere comprese con la vicenda di una donna «che dimostra come la tenacia e la volontà di fare, studiare, leggere, andare oltre possano portare all’evoluzione e all’affrancamento. Con questo film vorremo segnare un altro punto a vantaggio di Grazia Deledda, per molto tempo trascurata: anche alcuni suoi conterranei ci hanno ringraziato per avergliela fatta scoprire».

Progenitrice di siffatte figure femminili sarde è Eleonora D’Arborea, giudicessa, cioè sovrana nel Trecento e legislatrice con il codice denominato «Carta de Logu» promulgato nell’aprile del 1392 e in vigore con poche modifiche fino a quarantaquattro anni prima della nascita di Grazia Deledda; un’esaustiva biografia della leggendaria e molto reale Eleonora è stata scritta da una sua nota corregionale: l’autrice per ragazze, ragazzi e adulti Bianca Pitzorno. Alla giudicessa è dedicata inoltre l’ultima sfilata di Marras che tutti i giovedì veste Geppi Cucciari in «Splendida Cornice»; si tratta di un temerario varietà culturale di Rai3 che l’attrice e presentatrice sarda scrive e conduce con senso dell’umorismo, velocità di pensiero e accento isolano che impreziosisce le cose interessanti che dice come un ricamo della tradizione su un abito di taglio moderno.

E infine: nei primi mesi del 2024 la Sardegna è alla ribalta con una nuorese, come Deledda, Alessandra Todde. Già Vice di Conte, Todde è stata costretta al riconto che per fortuna torna e si è messa a governare l’isola con un occhio alle sorti dell’Abruzzo, regione legata alla Sardegna dalla pastorizia e dal gesto della riparazione, «sa paradura». Quando tre anni fa i pastori oristanesi persero le loro pecore negli indomabili roghi che colpirono l’isola gli abruzzesi si privarono di alcuni loro animali per permettergli di ricostituire le greggi. Lo stesso avevano fatto a loro volta i sardi in occasione degli eventi sismici di 2009 e 2016. Chissà che una paradura politica, una corsa ai ripari al traino del buon esempio di Todde, non sorprenda tutti alle consultazioni elettorali abruzzesi di domani.