Il sesto pacchetto di sanzioni della Ue contro la Russia è ancora in alto mare. Nelle intenzioni della Commissione, avrebbe dovuto essere approvato per la giornata dell’Europa, il 9 maggio. Ma più si va avanti nelle sanzioni, che diventano sempre più pesanti – adesso al centro c’è l’embargo sul petrolio russo – più è difficile mantenere l’unità dei 27: difatti, Putin punta anche sulle divisioni tra paesi membri.

Il lato debole della Ue è l’Ungheria (ma non solo): Budapest ha chiesto, assieme alla Slovacchia, una deroga di due anni per applicare l’embargo sul petrolio, la Commissione sta valutando di concedere a questi due paesi due anni di tempo in più (fino alla fine del 2024) per liberarsi dalla dipendenza dal petrolio russo. Dietro questo varco si sono infilati altri paesi, a cominciare dalla Repubblica ceca, che prenderà la presidenza della Ue da luglio, e che ora chiede una deroga fino al giugno 2024. Già far passare il quinto pacchetto, che oltre a sanzioni contro oligarchi e istituzioni finanziarie prevede per metà agosto un embargo sull’import di carbone russo, non era stato facile. Ora la tensione è sul petrolio russo, da cui la Ue dipende al 26%, una battaglia aspra che fa prevedere una lotta all’ultimo sangue sul gas (la dipendenza qui è del 40%), se la guerra continuerà.

Viktor Orbán è sotto pressing. Ieri mattina Emmanuel Macron, che ha la presidenza Ue, ha avuto una lunga telefonata con il primo ministro ungherese sulle «garanzie» per l’approvvigionamento di petrolio all’Ungheria, che non ha sbocco al mare né gasdotti con la Ue, ma dipende dalle forniture russe con una pipeline che passa per l’Ucraina. La vigilia ci sono stati contatti tra Orbán e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Una video-conferenza, tra Commissione, Francia e paesi del fianco est dell’Europa era prevista ieri, ma ancora in serata non se n’è avuta più notizia.

Oggi c’è la riunione degli ambasciatori per mettere a punto il sesto pacchetto di sanzioni. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, spera che «le difficoltà» siano «appianate». In caso contrario, lunedì prossimo c’è un vertice dei ministri degli Esteri, a cui verrà passata la patata bollente. Il 18 maggio la Commissione deve presentare la nuova strategia europea sull’energia, RePowerEu, per far fronte alla progressiva diminuzione della dipendenza dagli idrocarburi russi, che hanno portato nelle casse di Mosca 63 miliardi di euro dall’inizio della guerra, il 24 febbraio, pagati dalla Ue, che nello stesso periodo ha finanziato 1,5 miliardi per la fornitura di armi all’Ucraina, come ha sottolineato il gruppo S&D. La Commissione propone all’Ungheria e ai paesi più dipendenti un finanziamento eccezionale attraverso RePowerEu in cambio del ritiro del veto. Questo finanziamento non ha nulla a che vedere con il blocco del NextGenerationEu imposto all’Ungheria (7 miliardi), a causa del non rispetto dello stato di diritto.