Oggi c’è un appuntamento importante nel braccio di ferro sulla riforma delle pensioni: è atteso il giudizio del Consiglio Costituzionale sulla seconda domanda di Rip (referendum) presentata dalla sinistra contro la legge passata senza voto all’Assemblée nationale, grazie al ricorso al 49.3 (fiducia rovesciata) e promulgata a metà aprile subito dopo la sentenza di costituzionalità dei saggi. Una prima domanda di Rip, per abolire i 64 anni, era stata respinta il 16 aprile, perché mal formulata giuridicamente. L’approvazione del Rip cambierebbe le carte in tavola, ma è una possibilità che resta ipotetica e che, comunque, aprirebbe una sequenza lunga politicamente, perché è necessaria la raccolta di 4,5 milioni di firme di cittadini nell’arco di nove mesi.

INTANTO, DOPO la giornata riuscita del primo maggio, la tredicesima protesta contro la riforma che non è stata per nulla un canto del cigno sindacale, con 300 cortei in tutta la Francia e una partecipazione eccezionale per la giornata della festa dei lavoratori (in linea però con le cifre delle precedenti manifestazioni contro la legge dei 64 anni), l’intersindacale ha deciso per un altro appuntamento: sarà il 6 giugno. Non ha a che vedere con l’anniversario dello sbarco in Normandia, ma è due giorni prima del voto previsto all’Assemblée nationale sulla proposta di legge del gruppo Liot (deputati dell’oltremare) per abrogare la riforma.

Il governo non ha la maggioranza assoluta al Parlamento – e per questo ha fatto ricorso al 49.3, perché non aveva i numeri per far passare la riforma – ma l’opposizione neppure, almeno per il momento, perché troppo eterogenea. A sinistra, c’è però la speranza che la proposta emessa dal gruppo Liot possa diventare consensuale tra gli oppositori, perché non connotata ideologicamente, come nel caso di une legge presentata dal Rassemblement national o dalla Nupes.

IERI, SONO GONFIATE le polemiche sulle violenze del primo maggio, soprattutto a Parigi e in alcune grandi città di provincia. Da un lato le azioni dei black bloc, dall’altro la gestione repressiva del mantenimento dell’ordine, per la prima volta sono stati utilizzati dei droni per individuare i violenti (salvo in alcune città dove la giustizia ha bocciato questa novità). Per la prima ministra, Elisabeth Borne, è stato raggiunto «un nuovo stadio di violenza» nel corteo della capitale, con un poliziotto ustionato dal lancio di una molotov e un edificio in costruzione incendiato. Il prefetto Laurent Nunez ha affermato che a Parigi c’erano 1.200-1.500 violenti, venuti anche dall’estero.

All’Assemblée nationale è stata respinta una domanda di dibattito sulla dissoluzione della Brav-M, i poliziotti in moto, già oggetto di una petizione contraria di cittadini, anch’essa rifiutata dalla commissione delle leggi. Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha contato 406 poliziotti feriti e 540 fermi (305 a Parigi). I manifestanti rispondono che i feriti tra di loro sono il doppio dei poliziotti. L’associazione della piccola e media impresa chiede un fondo di indennizzo per i danni causati dalle azioni violente. Marine Le Pen spera di passare all’incasso: no ai 64 anni e ritorno all’ordine.

EMMANUEL MACRON ha proclamato i “cento giorni” (fino al 14 luglio, festa nazionale) per voltare pagina. Anche Elisabeth Borne ha fretta di passare ad altro, «inizia una nuova fase di azione, tutte le buone volontà sono benvenute». Borne intende invitare i sindacati a discutere sulle condizioni lavorative, in vista dei decreti di attuazione della riforma, che dovrebbe entrare in vigore a settembre (ma per i regimi speciali – Sncf, Ratp ecc. – la data è già stata spostata al 2025). I sindacati riformisti potrebbero tornare al tavolo dei negoziati, mentre la Cgt non intende cedere.

Il governo è in un’impasse, senza maggioranza. Per Mathilde Panot, capogruppo della France Insoumise, non ci sarà «ritorno alla normalità» all’Assemblée nationale «se non verrà ritirata la legge». L’ecologista Sandrine Rousseau promette «una guerriglia continua» a Palais Bourbon. Per il governo, la difficoltà è non solo di trovare delle maggioranze a tema per continuare a legiferare, ma anche trovare una rotta chiara, dopo un primo anno del secondo mandato di Macron che ha dato l’impressione di brancolare nel buio, senza direzione.