È un tassello importante – che si aggiunge alla mobilitazione straordinaria di associazioni, università, istituzioni locali, organi di informazione – la risoluzione sul caso Regeni adottata dal Parlamento europeo. È importante per ilsostegno ampio che ha ricevuto. E’ importante anche per certi contenuti. In primo luogo, se la risoluzione si concentra, giustamente, sulla tragica vicenda del ricercatore italiano, esprimendo vicinanza alla famiglia, pretendendo verità e giustizia, altrettanto opportunamente «sottolinea con profonda inquietudine che il caso Regeni non è isolato».

Il contesto, richiamato espressamente, è quello delle torture, ma anche delle sparizioni, dei processi iniqui, della repressione brutale della libera espressione delle idee, che colpiscono in primo luogo migliaia di cittadini egiziani.

In altre parole, il caso di Giulio Regeni è un caso molto speciale. Ma non è, purtroppo, un caso isolato. E l’Europa ha pieno titolo per chiedere il rispetto dei diritti umani internazionalmente riconosciuti, chiunque ne sia la vittima, che si tratti di un proprio cittadino o di una delle migliaia di cittadini dello stesso stato che li viola. Colpisce, in secondo luogo, e non contraddice quanto appena scritto, la ferma condanna delle torture inflitte «al cittadino dell’Unione europea Giulio Regeni». Come a dire che, oltre a non dimenticare le violazioni dei diritti umani di tutti, laddove si tratti di chiedere il rispetto dei diritti dei propri cittadini all’estero, è l’Europa tutta, e non solo l’Italia, a essere il punto di riferimento. Si tratta di una riaffermazione, non di una novità, che merita tuttavia di essere valorizzata in una fase in cui l’unità europea di fronte a questioni che attengono all’integrità e alla dignità umana è, a dire poco, non scontata.

Un terzo elemento che merita attenzione è il richiamo, rivolto agli altri organi dell’Unione e ai governi degli stati membri, alla circostanza che lo sviluppo dei rapporti con l’Egitto (che è un partner di lunga data, con cui la cooperazione è particolarmente ampia) deve essere fatto dipendere anche dai progressi in materia di diritti umani (che non sono e non devono essere un elemento meramente facoltativo delle relazioni esterne).

La risoluzione è precisa: parla di «violazione manifesta dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Unione europea – Egitto, in base al quale le relazioni tra Unione ed Egitto si fondano sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che costituisce elemento essenziale dell’accordo». Il rinvio alla Dichiarazione universale contenuto in un accordo vincolante per le parti offre l’occasione – se solo la si volesse cogliere – per fare discendere dalle condotte tenute dalle autorità egiziane nei confronti del cittadino europeo Giulio Regeni e nei confronti dei propri cittadini – effetti concreti e non solo dichiarazioni di condanna.

Infine, c’è un riferimento quasi nascosto nel preambolo della risoluzione che potrebbe – sempre che ve ne sia la volontà – aprire altri scenari. Mi riferisco al richiamo al fatto che l’Egitto è uno stato parte della Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite (che ha ratificato nel 1986).

L’accertamento delle responsabilità e la punizione dei colpevoli degli atti di tortura a cui è stato sottoposto Giulio Regeni sono oggetto di obblighi molto puntuali previsti da quella Convenzione, che l’Egitto è impegnato a rispettare nei confronti di tutti gli altri stati parti, Italia compresa. Quello di ottenere verità e giustizia è un obiettivo che viene raggiunto, spesso, solo dopo un impegno prolungato nel tempo. E’ bene attrezzarsi a perseguirlo in tutti i modi possibili: facendo sì che non cali il silenzio, ma anche, allo stesso tempo, utilizzando ogni strumento politico e giuridico che possa servire (e la risoluzione del Parlamento europeo ne suggerisce qualcuno) a raggiungere uno scopo – verità per Giulio» – a cui non rinunceremo.

* presidente Amnesty international Italia