Per affrontare la battaglia delle legislative di giugno, un governo di 27 personalità, tra ministri e ministri-delegati, con riconferme – all’Economia resta Bruno Le Maire, agli Interni Gérald Darmanin, alla Giustizia l’avvocato Eric Dupont-Moretti – un “polo” ecologico con due ministre (Transizione ecologica per Amélie de Montchalin e Transizione energetica, una novità, a Agnès Pannier-Runacher), due nomi di peso venuti dalla destra (agli Esteri sostituisce Jean-Yves Le Drian l’ambasciatrice Catherine Colonna, è stata anche a Roma, per anni portavoce di Chirac, e alla Solidarietà Damien Abad, che fino a due giorni fa era ancora capogruppo dei Républicains all’Assemblée nationale), una sorpresa all’Educazione nazionale, dove è nominato lo storico Pap Ndiaye, direttore del Museo della Storia dell’Immigrazione, lui stesso professore dovrà ricomporre le relazioni con gli insegnanti, molto degradate dopo 5 anni di Blanquer.

Alla cultura va Rima Abdul Malak, che era consigliera all’Eliseo (ha ideato il “pass cultura”) e prima collaboratrice del sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoë. Ci sono delle promozioni: Gabriel Attal, da portavoce a ministro-delegato al Bilancio, un posto considerato un trampolino per il futuro, Sebastien Lecornu dall’Oltremare alla Difesa. E degli spostamenti: Olivier Véran dalla Sanità va alle Relazioni con il Parlamento, Marc Fesneau dalle Relazioni con il Parlamento all’Agricoltura. Portavoce è nominata la deputata Rem Olivia Grégoire. Clément Beaune resta all’Europa. Al Lavoro sostituisce la prima ministra Elisabeth Borne, Olivier Dussopt, un ex socialista che era già al governo. Entra il segretario della Rem (ora Renaissance), Stanislas Guérini. Alla Ricerca la presidente dell’università Paris-Saclay, Sylvie Retallieau, fisica.

C’è la parità – 14 uomini, 14 donne – delle donne nominate a posti importanti a livello protocollare (Colonna, de Montchalin), 13 ex ministri ancora al governo e 15 nomi nuovi, dei fedeli ricompensati, delle nuove entrate che rispettano un difficile equilibrio tra le diverse componenti della maggioranza (Renaissance, MoDem, sul lato destro Horizons e Agir, sul lato sinistro Territoires de progrès). In vari ministeri fa irruzione la parola «sovranità»: economica, energetica, alimentare ecc. Emmanuel Macron aveva parlato di «pianificazione ecologica», ma il termine non compare. Sulla transizione ecologica e energetica, le due nuove responsabili lavoreranno in stretta collaborazione con la prima ministra. A un ministro venuto dalla sinistra, Olivier Dussops, viene affidata la responsabilità della riforma annunciata più controversa, quella delle pensioni, con i sindacati già sul piede di guerra per lottare contro la minaccia di un innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni.

C’è stato un record di attesa per la nomina del nuovo governo, 26 giorni dopo la rielezione di Macron e 4 giorni dopo l’arrivo di Elisabeth Borne.

L’opposizione è altamente critica. Per Jean-Luc Mélenchon è un governo «scialbo, grigio, senza audacia, senza slancio, con le principali figure del maltrattamento sociale, dell’irresponsabilità ecologica del precedente». Per il segretario di Europa-Ecologia, Julien Bayou, è «un governo di destra, che se ne frega dell’ecologia e del sociale». Marine Le Pen ha attaccato Pap Ndiaye, specialista della colonizzazione e della storia dei neri, definito «un indigenista», un «disprezzo verso i francesi». Delusione di Greenpeace per «personalità senza esperienza specifica» sull’ecologia.