La quarta stagione consecutiva delle assemblee degli azionisti a porte chiuse causa Covid ci ha consegnato un piano di azione di Snam che sembra quasi una dichiarazione di guerra alla lotta ai cambiamenti climatici. La società – che si occupa del trasporto del metano in Italia e ha in carico una rete di gasdotti di circa 41 mila chilometri in Italia e in Europa – è guidata da un anno dal’amministratore delegato Stefano Venier, che si è dato come traguardo prioritario di garantire il 40% degli approvvigionamenti di gas per il nostro Paese in forma liquida entro il 2026. In questo modo ci vincoleremo al gas fossile per i prossimi decenni. Il piano investimenti 2022-26 di Snam parla chiaro: dei 10 miliardi di euro previsti, ben 9 saranno investiti in nuove infrastrutture per il gas.

È uno schema che mal si concilia con la diversificazione delle fonti, la decarbonizzazione e la povertà energetica che, almeno a parole, starebbero tanto a cuore all’ad. Proprio sulla povertà energetica Venier si è spinto a dire che «già prima della crisi attuale affliggeva circa il 10% della popolazione dell’Unione europea e che oggi è sempre più diffusa, alla luce dell’impennata senza precedenti dei prezzi di gas ed elettricità verificatasi nell’ultimo anno».

Invece dal gas non si può proprio prescindere, e una parte di esso potrebbe essere ancora russo. A una precisa domanda di ReCommon sul gas importato dalla Spagna, la risposta è stata spiazzante: la società «non ha evidenza dell’origine di questo gas». Parliamo di quantità significative di gas che arriva in forma liquida, via mare, e che fa parte della strategia di diversificazione messa in atto con il pacchetto legislativo RePower EU. In dettaglio è il 22 per cento del gas liquido importato dal terminal di Panigaglia in tutto il 2022 e addirittura del 57 per cento nel primo trimestre del 2023.

Va rimarcato che, attualmente, al terzo posto tra i fornitori di gas liquido della Spagna c’è proprio la Russia. In realtà nelle risposte di Snam si evidenzia anche un forte impegno nella finanza verde, senza però fornire troppe delucidazioni. La società si impegna a passare dell’attuale 70% di finanza sostenibile all’80% entro il 2026.

Ma quanto la performance complessiva dell’azienda sia davvero in linea con i target dei Sustainability linked bonds e degli altri bond green e dedicati alla transizione rimane un tema aperto, specialmente alla luce del nuovo piano di investimenti, che punta tutto sul gas e ancora di più sul gas liquido, il più impattante sia sull’ambiente che sul clima, e che necessita di un processo industriale ad elevato utilizzo di energia (per portare il gas in forma liquida, trasportarlo oltre mare, o spesso oltre oceano, rigassificarlo e quindi trasportarlo e distribuirlo in Italia e in Europa). Inoltre, una quota significativa del gas liquido importato dagli Stati Uniti è estratto con la tecnica del fracking, tra le più impattanti ed energivore.

Legati al gas liquido sono gli obiettivi delle navi rigassificatrici di Piombino e Ravenna, che porteranno la società a un +2 per cento del patrimonio soggetto a ricavo remunerato. Vale a dirce che ci sono sempre più infrastrutture per le quali Snam avrà la copertura dell’investimento da parte dello Stato, oltre che un ricavo garantito per la gestione dell’infrastruttura. L’amministratore delegato Venier ha confermato che il 2023 sarà un anno record proprio per questo particolare tipo di contributi, che premia la società per il servizio svolto durante la crisi del gas in corso.

La Snam quest’anno ha esportato 4,6 miliardi di metri cubi di metano soprattutto verso l’Europa, attraverso l’Austria e il gasdotto Tag (controllato per l’86 per cento dalla stessa Snam). In nome di quale sicurezza dobbiamo costruire o comprare nuove infrastrutture per il gas, se siamo stati addirittura in grado di esportarlo senza i nuovi terminal GNL di Piombino e Ravenna, che per altro potrebbero addirittura beneficiare dei fondi del PNRR?

Per finire, lasciano invece molto a desiderare i traguardi verso la transizione, che vengono descritti come esaltanti: 10 milioni di metri cubi di biogas, che sembrano briciole a confronto dei 60 miliardi di metri cubi consumati nel 2022 dal Paese. Sembra un pannicello caldo anche il passaggio presso l’impianto di Istrana di una miscela con 90 per cento di metano e 10 per cento di idrogeno, celebrato a dicembre 2022.