“E’ stata una mattinata bellissima, abbiamo tanta strada da fare”. Pietro Grasso, “il ragazzo di sinistra”, chiude così la giornata che l’ha visto accettare la proposta arrivata dai “tre ragazzi”, come ha definito Roberto Speranza, Nicola Fratoianni e Pippo Civati.

Sarà lui, il presidente del Senato che ha lasciato il Pd dopo l’approvazione della legge elettorale, a guidare “Liberi e uguali”, la lista unitaria fra Mdp, Sinistra Italiana e Possibile che cita l’articolo 3 della costituzione.

Una giornata cominciata con centinaia di persone rimaste fuori dal troppo piccolo palazzetto Atlantico all’Eur di Roma.

Oltre ai 1.500 delegati da tutta Italia in tanti volevano assistere alla nascita di quella che doveva essere la lista unica a sinistra e che invece ha perso per strada quelli del Brancaccio (che non si presenteranno alle elezioni) e Rifondazione comunista che alle elezioni si presenterà con una “lista antiliberista”.

L’entusiasmo in platea era comunque palpabile. E Grasso non ha tradito le aspettative.

“Liberi e uguali, io ci sono”, ha detto emozionato e sorridente il presidente del senato annunciando “una storia nuova”, fatta di rottura con il passato, a cominciare dal lavoro e dal fisco, da quella “giungla di bonus” – come il bonus bebè preteso da Ap – che “poi passano ma i figli restano”.

[do action=”quote” autore=”Pietro Grasso”]”La nostra sfida è questa: batterci perché tutti siano liberi e uguali”[/do]

Il clou del suo discorso arriva proprio alla lettura dell’articolo 3 della Costituzione, una ovazione si alza appena Grasso pronuncia le parole: “La nostra sfida è questa: batterci perché tutti siano liberi e uguali”. Quel “Liberi e uguali” ripetuto per tre volte a gran voce ricorda per l’enfasi il “Resistere, resistere, resistere”, pronunciato nel gennaio del 2002 da un altro pm, Francesco Saverio Borrelli, in un momento cruciale della stagione di Mani pulite.

C’è la necessità di affermare i valori della sinistra, senza “nostalgie o rimpianti” per il passato, ma tenendo bene a mente il futuro. “Proveniamo da storie diverse ma siamo qui per difendere principi nei quali crediamo: tasse progressive e parità di genere. Insomma una nuova idea di Italia e, per tutto questo, io ci sono”.

Nei primi passaggi delle sette pagine di discorso, Grasso chiarisce un punto per lui fondamentale, vale a dire che sin dall’inizio del suo ruolo di presidente del Senato ha rivendicato “il diritto di parola”. “L’imparzialità – spiega- non implica la rinuncia a esprimere le proprie idee”. Come dire a chi lo critica – e lo criticherà – per la scelta di mettersi in gioco che l’incarico istituzionale non viene scalfito dal suo impegno nell’agone politico.

Non cita mai Renzi, Grasso, ma parla di voto utile e dice: “E’ il nostro, è quello di chi dà speranze e porta in Parlamento le istanze di quella metà di Paese che, deluso, si astiene dall’andare alle urne”.

Le parte più polemica del suo discorso è riservata proprio al Pd. “Dare le dimissioni dal gruppo del Partito democratico è stata una scelta politica e personale che ha fatto molto rumore. Mi hanno telefonato in tanti – racconta per la prima volta -, mi hanno offerto seggi sicuri e chiesto di fermarmi un giro, mi hanno chiesto di fare ‘la riserva della Repubblica’: mi dispiace, questi calcoli non fanno per me”.

Il suo distacco dall’area politica di provenienza è duro, come per molti seduti in platea.

“Noi diremo la verità senza sconti, ma anche senza esagerazioni, lasciamo agli altri le fake news – puntualizza senza citare i Dem né il M5S -. La politica si fa per quello che si ritiene giusto, non per un punto percentuale in più nei sondaggi”. Scatta l’applauso. Il presidente del Senato invoca “una grande alleanza con forze di sinistra, cattoliche e progressiste, con l’associazionismo e i corpi intermedi”, è convinto che presto “altri compagni di viaggio arriveranno”.

In platea ad ascoltarlo ci sono i rappresentanti dei sindacati, Susanna Camusso è seduta nelle prime file.

Grasso richiama Antonio Gramsci e invoca un “progetto visionario” il cui orizzonte vada “ben al di là delle prossime elezioni”.

Quindi il suo appello alla sinistra a non perdersi in “tatticismi” ma a “remare, anzi, veleggiare” tutti dalla stessa parte, “senza lasciare indietro nessuno”.

Per farlo, occorre usare – dice con una battuta – il “metodo Grasso”: fare le cose “per bene e con cura”, a partire dal programma che sarà scritto attraverso un percorso partecipato dal basso.

Ad accogliere Grasso quando scende dal palco c’è l’abbraccio dei suoi “ragazzi” – Roberto Speranza, Giuseppe Civati e Nicola Fratoianni – che con umiltà hanno fatto un passo indietro e lo hanno voluto a capo della nave a tre vele.

Assemblea nazionale una nuova proposta Nicola Fratoianni Piero Grasso Pippo Civati Roberto Speranza foto Roberto Monaldo LaPresse
Roberto Speranza, Pietro Grasso, Pippo Civati e Nicola Fratoianni – foto Roberto Monaldo – LaPresse

 

Sul palco prima di Grasso erano state raccontate le contraddizioni del Paese reale e chi le vive sulla propria pelle, giorno dopo giorno, il dramma della precarietà sul lavoro e di chi cura i migranti che scappano dalla guerra e dalla fame.

Seduti in platea, invece, i leader della sinistra sulla scena da decenni, nemmeno in prima fila ma defilati tra i delegati e gli invitati. E in un ruolo quasi di mediazione, le domande poste dal mondo dell’associazionismo, Arci e Legambiente, di un Sindaco, Alessio Pascucci di Cerveteri.

Nessuna contrapposizione tra una società civile virtuosa e una vecchia politica corrotta, ma il desiderio di disossare il terreno della sinistra facendo i conti con la realtà, soprattutto quella più difficile.

Il tentativo di dare un messaggio di novità e freschezza lontano dall’idea di un raggruppamento nato dalla spinta di un ceto politico nostalgico, unito solo dal presunto rancore anti-renziano, formato dai ‘rottamati’ come Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani.

Un passo indietro politico ma anche fisico. L’ex premier è seduto in seconda fila, dietro Susanna Camusso, accanto alla moglie e all’europarlamentare campano Massimo Paolucci. L’ex segretario Pd si scorge addirittura in sesta fila, come un delegato qualsiasi. Coerentemente a questa idea di mettere il Paese al centro dei lavori, non è un caso che quasi nessuno cita esplicitamente il leader dem.

“Noi non siamo qui per parlare di lui, bisogna essere maniaci per domandarci di Renzi”, chiarisce stizzito sempre D’Alema, arrivando all’assemblea.

Nel giorno della nascita di “Liberi e Uguali” fanno emozionare, e molto, le parole di Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa protagonista del film Orso d’Oro “Fuocoammare“. Dopo i boati tributati a Pietro Grasso, è sua la standing ovation più intensa della mattinata.

Quindi Laura Tarantini, una lavoratrice della Melegatti in Cassa integrazione, che racconta lo sforzo dei maestri pasticceri nel fare i turni, giorno e notte, pur di conservare “il lievito madre”, simbolo di una fabbrica che dopo 123 anni non vuole scomparire.

Applausi commossi anche a Marzia Codella, una ricercatrice precaria del Cnr che chiede di avere garanzie per poter fare ricerca.

Le reazioni dal Pd sono quasi assenti, nessun riferimento diretto da parte dei big.

Solo Di Maio commenta direttamente: “Con la spaccatura fra centro sinistra e sinistra il M5s è l’unica forza politica che può battere il centro destra”.