Italy Church Too, ovvero «anche la Chiesa italiana». È questo l’hashtag – rielaborazione del Me too del movimento femminista contro le molestie sessuali – scelto dalle associazioni che ieri hanno presentato il Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica in Italia.

La Conferenza episcopale italiana continua sostanzialmente a eludere il problema e a rifiutare la proposta di costituire una commissione indipendente che indaghi sulla pedofilia del clero, per esempio come quella voluta dall’arcidiocesi di Monaco di Baviera-Frisinga, che ha messo sotto accusa sia Joseph Ratzinger sia il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, ovvero colui che quella commissione ha voluto. L’unica apertura – si fa per dire – arrivata dal presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, in un’intervista al Corriere della Sera a fine gennaio, è quella di una raccolta dei dati in possesso dei Servizi diocesani per la tutela dei minori. Non una commissione indipendente quindi, ma una specie di indagine interna affidata agli stessi organismi ecclesiastici. Senza contare poi che la proposta Bassetti arriva a poco più di tre mesi da suo pensionamento: a maggio, infatti, i vescovi italiani sceglieranno il nuovo presidente della Cei. Se fosse stata seria, avrebbe potuto realizzarla nei cinque anni in cui è stato alla guida della Chiesa italiana (da maggio 2017) e non lanciarla alla vigilia del suo addio, anche perché pressato dagli organi di stampa.

La spinta allora parte dal basso, da sette associazioni (Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, Donne per la Chiesa, Noi siamo Chiesa, Rete L’Abuso, Comitato vittime e famiglie, Voices of Faith, Comité de la Jupe) e due riviste (Adista e Left) che decidono di muoversi su tre fronti: ecclesiale, politico e dell’informazione. Alla Chiesa italiana viene chiesto di avviare una commissione indipendente sugli abusi sessuali commessi dal clero. Lo Stato è invitato a rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono lo svolgimento dei processi e il Parlamento sollecitato a valutare la possibilità di costituire una specifica commissione di inchiesta. E venerdì 18 febbraio verrà messo online, dal settimanale Left, un database che, anche grazie alle informazione raccolte negli anni dall’associazione di vittime “L’Abuso”, documenta i casi di violenza su minori nella Chiesa cattolica italiana.

«Chiediamo che la Cei affidi quanto prima ad una commissione indipendente un’indagine sugli abusi compiuti all’interno della Chiesa – spiega Paola Lazzarini, presidente di Donne per la Chiesa -. Chiediamo che a guidarla sia persona di specchiata integrità e indipendenza dalle parti interessate. E chiediamo che sia un’indagine che veda uniti gli sforzi di diverse e altissime professionalità e che utilizzi contemporaneamente metodi qualitativi, quantitativi, di analisi documentale, per i quali è necessario che siano aperti tutti gli archivi di diocesi, conventi, monasteri, e anche aprendo canali nuovi di ricezione per l’ascolto delle vittime».

«Serve adeguare le leggi», aggiunge Francesco Zanardi, presidente della Rete l’Abuso ed egli stesso, ad undici anni, abusato dal parroco savonese don Nello Giraudo. «Sono state avanzate istanze allo Stato e all’Onu – prosegue -, ma il numero di indagini e azioni penali della magistratura è basso: se la vittima è prescritta non scatta nessuna indagine, ma la prescrizione non è adeguata alla maturazione del trauma da parte della vittima. Si chiede al legislatore di dare la possibilità di denunciare a tutti cittadini, dal parroco, al catechista a chiunque abbia dei sospetti, sarebbe già una svolta. Bisogna poi estendere a tutti il certificato anti-pedofilia, applicandolo a tutto l’indotto del volontariato che svolge attività con minori. E attuare un programma di risarcimenti e di programmi di riabilitazione delle vittime».

A differenza di molti Paesi nel mondo – aggiunge Ludovica Eugenio, responsabile dell’agenzia di informazioni Adista – dove si è intervenuti in modo efficace con inchieste e commissioni d’indagine indipendenti, che hanno fornito il quadro «di un fenomeno che sempre più ha rivelato il proprio carattere sistemico, che affonda le proprie radici nella cultura clericale, in una malintesa immagine del clero come ceto sacro e intoccabile, nel tentativo della gerarchia di proteggere l’istituzione a scapito delle vittime, la cui vita è stata spesso devastata in modo irreversibile», in Italia «la Chiesa e le istituzioni laiche non hanno mai voluto realizzare un’inchiesta su scala nazionale per far luce su un fenomeno criminale che si sa ampiamente diffuso in tutta la Penisola. Non è stata intrapresa finora nessuna iniziativa di indagine e ricerca indipendente che potesse fornire dati oggettivi, primo passo verso una prassi di giustizia cui hanno diritto in primo luogo le vittime e le loro famiglie, ma anche i membri della comunità cristiana, i cittadini e le cittadine». Il coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica in Italia «vuole essere uno strumento di pressione e di espressione della volontà di contribuire ad abbattere il muro di omertà che ha protetto finora i responsabili diretti e indiretti degli abusi e ha favorito l’invisibilità delle vittime».