Nairy Baghramian è un’artista nata a Isfahan, che dal 1984 vive e lavora a Berlino (quando aveva 13 anni la sua famiglia, armena-iraniana, fuggì dal paese per motivi politici, opponendosi prima allo Scià, poi alla Repubblica islamica).

Il suo lavoro di scultrice presenta frammenti, parti di un tutto smarrito – spesso organiche – con richiami alla statuaria classica, all’arte minimalista, alla performance e un uso di materiali, come acciaio, silicio, resina e pelle,che simbolicamente decostruiscono il corpo umano, lo rendono fragile o misterioso e lo ricombinano come fosse un oggetto di design per interni.

A ORANI, IN SARDEGNA, Baghramian è arrivata per ritirare il premio conferitole dal museo Nivola (che nel 2024 le dedicherà una personale) nel giorno che ha segnato il primo anniversario dell’uccisione di Mahsa Amini nel suo paese di origine, l’Iran.

«Innanzitutto vorrei dire che per me il termine origine è problematico – spiega l’artista – . Meglio più in generale parlare come cittadini globali, anche se ovviamente le immagini delle proteste dello scorso anno mi hanno riportato alla mente le mie prime esperienze giovanili in Iran, negli anni ’80, in quello stato dispotico. L’anniversario del brutale omicidio di Mahsa Amini è un doloroso ricordo. La mia piena solidarietà va a tutti coloro che sono diventati vittime della brutalità di questo regime ingiusto o che attualmente soffrono a causa di un sistema barbarico, che costringe costantemente tutti noi a convivere nel terrore, oltre che immersi in una profonda tristezza. La violazione dei diritti umani e la disparità di trattamento delle donne sono evidenti e visibili come fossero sotto una lente di ingrandimento. Rappresentano ancora un problema che, purtroppo, è lungi dall’essere pienamente affrontato. Tuttavia, durante le rivolte seguite all’omicidio di Mahsa, è risultato molto chiaro che sempre più giovani si sarebbero battuti per i diritti delle donne, rischiando la vita per le strade».

Nairy Baghramian. Ph. Christian Werner

Baghramian non torna in Iran, considerando troppo pericoloso per lei un soggiorno nel paese. Anche da fuori, «le varie iniziative che cercano di rafforzare e sostenere l’opposizione in Iran sono importanti. Se i governi democratici non assumeranno una posizione veramente coerente nei confronti del regime criminale in Iran e altrove, queste iniziative alla fine non avranno il potere di creare nuove condizioni».

CRESCIUTA IN UNA FAMIGLIA liberale, dove «per fortuna erano impensabili pensieri nazionalistici legati alle proprie radici, così come qualsiasi tipo di esclusione», Nairy Baghramian è stata protagonista nel 2020 di un’esposizione alla Gam di Milano in cui proponeva le foto del suo ciclo Misfits: in un ritratto si vede una bambina e in primo piano ci sono i suoi capelli in disordine.

Era forse una provocazione politica? «Mostrare i suoi capelli arruffati non voleva tanto essere una provocazione nel contesto della legge iraniana sul velo, ma più un ritratto dell’anticonformismo in generale. Insomma, un appello alla libertà di essere».