Nadia Terranova: «Ci sono degli argomenti di cui non si può parlare»
Nadia Terranova, anche a lei avrebbe dovuto fare un monologo alla trasmissione di Raitre «Chesarà…». Come sono andate le cose?
La redazione mi aveva invitata a scrivere un monologo, che io stessa avrei dovuto leggere, in cui avrei dovuto declinare nel presente, e precisamente nelle parole della politica, il senso classico della Hybris. L’ho fatto, ma il testo non è stato reputato adatto alla puntata. Tutto qui.
Secondo lei come mai è successo?
Non voglio farne un caso personale, del resto il mio non è l’unico episodio di questo genere accaduto negli ultimi tempi. È il clima generale che dovrebbe preoccupare.
La redazione consiglia:
Il potere fisico e i ragazzi di PisaLei ha collaborato a diversi programmi della Rai, in radio. Prima di questo episodio le era mai accaduto qualcosa del genere?
Mai. Ho lavorato per diverse trasmissioni radiofoniche della Rai e nessuno ha mai avuto a che ridire sui miei testi, né ho avuto la sensazione che ci fossero pressioni di qualsiasi genere: ho sempre potuto lavorare bene e con grande libertà. Per questo sono rimasta abbastanza stupita quando mi è stato chiesto di cambiare il mio monologo.
Questa volta si è posto un problema di temi, sembra di capire. Erano i giorni delle cariche della polizia contro gli studenti a Pisa, un caso che ha portato addirittura il presidente Mattarella a intervenire…
Evidentemente ci sono dei temi di cui è meglio non parlare. Io l’ho sperimentato con il mio monologo sulle cariche agli studenti di Pisa, ma come vediamo non è l’unico caso.
La redazione consiglia:
Il monologo di Scurati che la Rai non ha voluto mandare in ondaChe idea si è fatta di tutti questi episodi? Non solo il suo, ma anche quello di Scurati, per esempio. O la querela a Canfora, la polemica sull’ultimo libro di Valentina Mira…
A me sembra che quasi ci si aspetti una forma di autocensura. Quando ho raccontato questa vicenda alle persone che conosco mi è stato detto: be’, ma che ti aspettavi?
E?
E mi sembra terribile. Come se si desse per scontato che si possa essere scomodi ma solo fino a un certo punto. Ecco, per paradosso, quasi preferisco chi è dichiaratamente servile a chi accetta di essere scomodo ma solo un po’.