«Spero che anche i miei più accaniti critici rimangano su Twitter, perché è questo il significato della libertà di parola». Con un tweet di ieri, Elon Musk ha confermato in anticipo sulla notizia ufficiale la riuscita della sua impresa: la scalata a Twitter, ottenuta con 44 miliardi di dollari. Lo aveva anticipato la mattina la stampa Usa: dopo settimane di tira e molla, e l’inizio delle aperte ostilità fra le due parti, Twitter era vicina a vendere all’uomo più ricco del mondo.

Il Wall Street Journal dava notizia di un incontro fra Musk e la piattaforma per trattare l’offerta di acquisto del proprietario di SpaceX e Tesla: 44 miliardi , 54.20 dollari ad azione. «La mia offerta migliore e quella finale. Se non verrà accettata, dovrò rivedere la mia posizione di shareholder» aveva scritto Musk il 14 aprile, annunciando la sua intenzione di comprare Twitter. Annuncio recepito come una dichiarazione di guerra dalla piattaforma, pronta a implementare la misura della cosiddetta “pillola di veleno” che impedirebbe a un azionista che ha superato una certa soglia di azioni di continuare a comprarle a un prezzo favorevole.

COSA È ACCADUTO dunque perché Twitter rivedesse la sua posizione, dimostrandosi disponibile alla trattativa e decidendo infine di vendere? In primo luogo, alle parole Musk ha fatto seguire i fatti, dettagliando in che modo avrebbe ottenuto i soldi promessi: con un prestito di 13 miliardi da Morgan Stanley e altre banche d’investimento, altri 12.5 miliardi “ipotecando” i suoi stock di Tesla e 21 miliardi nientepopodimeno che cash. E alle lusinghe ha fatto seguire le minacce, esposte proprio su Twitter: quelle di rivolgere la sua offerta direttamente agli azionisti. E infine, lunedì, prima delle aperture delle borse, alla sola notizia del dialogo in corso i titoli della piattaforma erano schizzati al +5%.

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DA PROPRIETARIO di Twitter, Musk diventerà ciò che suggeriva un commento del NYT: un Citizen Kane (il Charles Foster Kane di Quarto potere, ispirato al vero magnate William Randolph Hearst) digitale, il primo vero tycoon del sesto potere, in un «ritorno all’epoca dei baroni della carta stampata che si servono dei loro giornali per perorare le proprie cause preferite», come ha detto il docente della business school dell’Università del Michigan Erik Gordon.

Quanto sappiamo delle sue intenzioni nel ruolo di nuova guida di Twitter è per ora ciò che ha ripetuto più volte lo stesso Musk, che intende rendere la piattaforma «privata», come Space X, e cioè rimuoverne le azioni dai mercati finanziari. Inoltre, e più di tutto, vuole farne il terreno della «libertà d’espressione» più assoluta, limitando la moderazione dei contenuti, di discorsi d’odio, fake news ecc. – la domanda che infatti tutti si fanno è se l’account di Trump verrà riattivato. «La libertà di parola è il fondamento di ogni democrazia funzionante – ha detto Musk annunciando l’accordo – e Twitter è la piazza digitale dove si dibattono le questioni vitali per il futuro dell’umanità».

DI QUESTA INFLESSIBILE dedizione alla “libertà” si rallegravano i repubblicani più estremi come Tucker Carlson di Fox News – «Elon Musk sembra essere la nostra ultima speranza» – nonostante un Twitter completamente “aperto” renderebbe obsolete le premesse su cui è nato il social dello stesso Trump (Truth Social): far fronte alla “censura” liberal della Silicon Valley.