Piove sul bagnato. L’ondata di commozione per la scomparsa di Marcelo Yuka che attraversa in queste ore il Brasile riguarda ancora una volta quei brasiliani che avrebbero già abbastanza motivi per essere tristi e arrabbiati. Anche lui non riusciva a darsi pace per l’incubo del ritorno al fascismo incarnato dal neo presidente Jair Bolsonaro. Se n’è andato all’alba di sabato stroncato da un ictus, a 53 anni. Compositore, attivista politico, rapper impegnato della prima ora, sperimentatore chiave di una scena – insieme a Nação Zumbi e Chico Science – che ha infiammato a partire dall’ultimo scorcio del ‘900,

Yuka era paraplegico dal 2000 per gli effetti di un agguato armato. Aveva dovuto quindi rinunciare alla batteria appena un anno dopo l’uscita di quello che è considerato uno dei suoi capolavori, il disco di O Rappa, «Lado B Lado A».

Attivissimo nella battaglie sociali, contro le discriminazioni di genere, gli sgomberi nelle favelas, nel 2012 è stato candidato vicesindaco a Rio, in tandem con Marcelo Freixo, come parte del suo impegno nelle file del Partito socuialismo e libertà (Psol), lo stesso in cui militava Marielle Franco, la consigliera comunale assassinata l’anno scorso nelle strade della metropoli carioca.

Ieri in pellegrinaggio alla camera ardente allestita alla Sala Cecília Meireles, nel quartiere Lapa, c’era un campionario del Brasile che in questo momento resiste nella sua trincea culturale, in cerca di un reset: agitatori politici della scena musicale come il rapper Marcelo D2 («Ha continuato a lottare per gli altri anche dopo tutto quello che era capitato a lui», ha detto uscendo dalla sala) e politici della sinistra brasiliana come Chico Alencar, che ha voluto ricordare la «persona ribelle e generosa, inquieta e grandiosa» che era Yuka anche con un auspicio: «Spero che lo choc per la sua morte ci aiuti a superare questo momento storico di odio e di ignoranza»).