Tre giorni per lasciare il Paese. Ultimatum del ministero degli Esteri russo a Oleksandr Sosonyuk, console ucraino a San Pietroburgo che ieri sera è stato arrestato con l’accusa di spionaggio dopo essere stato sorpreso a ricevere informazioni classificate provenienti dagli archivi della polizia e dell’Fsb, il Servizio di sicurezza federale russo. Dopo alcune ore in stato di arresto, il funzionario ucraino è stato ricondotto alla sede diplomatica e dichiarato persona non grata dopo la convocazione dell’incaricato d’affari ucraino, Vasily Pokotilo, al ministero degli Esteri russo. «È stata sottolineata l’inammissibilità di attività incompatibili con lo status di funzionario consolare, e lesive degli interessi di sicurezza della Federazione Russa», si legge nella nota del dicastero.

La diplomazia di Kiev – il presidente Zelensky era venerdì da Macron – ha comunicato di essere già a lavoro per disporre il rimpatrio del console, definendone l’arresto un «atto ostile».

«Il nostro diplomatico non ha nulla a che fare con i reati di cui è accusato, si tratta di una pura provocazione», ha commentato il viceministro degli Esteri Yevgheniy Yenin, affermando che il console, uscito in strada, avrebbe incontrato un conoscente che, iniziando una «situazione provocatoria», gli avrebbe fornito «informazioni per cui non ha mai presentato richieste». Alla smentita è seguita poco dopo la dichiarazione di persona non grata ai danni di un funzionario dell’ambasciata russa a Kiev, a cui sono state concesse 72 ore a partire da lunedì per lasciare il Paese. Alle fortissime tensioni dovute all’escalation nel Donbass si va così ad aggiungere un duro colpo ai rapporti diplomatici già deteriorati tra Mosca e Kiev, con la situazione nell’Ucraina orientale che sta determinando conseguenze importanti anche nelle relazioni dei russi con gli Stati Uniti.

Al nuovo round di sanzioni da parte di Washington è infatti seguita la risposta del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che venerdì ha annunciato la prossima espulsione di dieci diplomatici Usa. Ancora più importante, il ministero degli Esteri ha annunciato in una nota il divieto d’ingresso in Russia per otto alti funzionari statunitensi «coinvolti nello sviluppo e nell’attuazione delle politiche contro Mosca».

Nella lista nomi del calibro del procuratore generale Merrick Garland e il direttore dell’Fbi, Christopher Wray. Non solo: Lavrov ha anche affermato che Mosca potrebbe chiedere a Washington di ridurre il suo staff diplomatico di 150 unità, per adeguarlo ai funzionari e dipendenti russi attualmente presenti negli Stati Uniti. Resta comunque «aperta» la porta ad un summit bilaterale tra Joe Biden e Vladimir Putin: un’ipotesi a cui la Russia, come confermato dallo stesso Lavrov, guarda «positivamente» e con interesse.