La nuova tappa è far diventare operativo il sostegno anti-aereo all’Ucraina (mentre i primi F16 arriveranno a luglio). Kyiv rischia di perdere la guerra iniziata con l’aggressione russa del 24 febbraio 2022. Volodymyr Zelensky ha detto ieri ai dirigenti della Nato che il suo paese ha bisogno di una difesa aerea efficace. Il Consiglio europeo, da ieri sera fino a oggi riunito a Bruxelles, che avrebbe dovuto essere “informale”, e centrato sulle sfide economiche – oggi c’è la presentazione del rapporto di Enrico Letta sul mercato unico e la competitività – si è trasformato in “straordinario”, dedicato anche alle guerre, Ucraina e Medio Oriente.

L’olandese Mark Rutte (liberale) e la danese Mette Frederiksen (socialdemocratica) hanno insistito sulla necessità per la Ue di rispondere alle richieste dell’Ucraina sulla difesa aerea. Il tedesco Olaf Scholz ha confermato che Berlino ha concluso la terza consegna di Patriot e si impegna a constatare cosa c’è in stock nelle polveriere della Nato (ma non dice nulla sui missili Taurus, che Zelensky reclama). L’Ucraina in questi giorni ha difatti protestato contro il «doppio standard» degli alleati occidentali, Israele ha potuto rispondere all’attacco dell’Iran grazie alla difesa anti-missili, mentre Kyiv subisce gli attacchi russi, perché manca di strumenti di difesa. La Ue aveva promesso un milione di munizioni per Kyiv entro marzo: l’obiettivo non è stato raggiunto, ma un’iniziativa della Repubblica ceca ha permesso di rimediare in parte, secondo il primo ministro Peter Fiala, 20 paesi hanno finanziato l’acquisto di mezzo milione di obici, comprati al di fuori delle Ue.

L’INDUSTRIA BELLICA europea non produce abbastanza, dicono i 27. Le guerre stanno spingendo i paesi Ue al riarmo, ormai in Francia Macron parla esplicitamente di «economia di guerra»: solo negli ultimi sette giorni, il presidente francese ha inaugurato una fabbrica di armamenti in Dordogne, la tedesca Rheinmetall apre un centro di produzione di obici in Lituania.

Sull’Iran, non sarà il Consiglio europeo in corso a decidere nuove sanzioni, ma nei prossimi giorni gli ambasciatori Ue dovrebbero trovare un accordo per un giro di vite. Emmanuel Macron considera che è «nostro dovere» imporre maggiori sanzioni a Teheran, dopo l’attacco a Israele sabato scorso, realizzato con droni made in Iran che colpiscono anche l’Ucraina. La questione verrà discussa al G7 Esteri in Italia e dovrebbe tradursi soprattutto in sanzioni individuali, verso persone implicate nella produzione di droni e missili. Il Consiglio europeo invita alla desescalation nella regione, per evitare l’aggravamento dei conflitti in corso.

ALLA VIGILIA del Consiglio, la Spagna ha messo sul tavolo la questione del riconoscimento della Palestina, che Madrid conferma di voler realizzare entro luglio, senza però riuscire a convincere i partner: le divisioni sul conflitto Israele-Palestina restano grandi tra i 27 e l’attacco dell’Iran ha messo tutto a tacere. La Spagna ha riproposto una conferenza internazionale di pace sul Medio Oriente.

Ieri a cena, dopo l’aperitivo offerto dal re del Belgio, i capi di stato e di governo dei 27 hanno discusso anche delle relazioni tra la Ue e la Turchia. C’è un rapporto del novembre 2023 sullo stato dei rapporti, che prefigura un avvenire comune, ma senza passi avanti rispetto al 2021, quando era stato stabilito che l’impegno sarà «graduale, proporzionato e reversibile», sulla base di effetti tangibili nella qualità della relazione. I 27 sono soprattutto preoccupati per l’aggiramento delle sanzioni della Ue contro la Russia da parte di Ankara, che punta a un’egemonia regionale e coltiva un’ambiguità anche nei confronti della Nato. Il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, si è detto ieri «soddisfatto» della posizione Ue, anche per i «progressi» sulla questione di Cipro.