La notizia non ha fatto presa: Moody’s in una sua valutazione esprime il timore che l’Italia metta in questione l’impegno per la riduzione del debito pubblico, anzi che si possa arrivare al 147% rispetto al pil nel 2030.

Ma non per le solite ragioni, che albergano pigramente in tutti gli anfratti neoliberisti (pensioni, welfare, ecc.) ma per un possibile incremento del budget militare. Il 147% potrebbe verificarsi proprio se il nostro paese decidesse di arrivare alla fatidica soglia del 2% sul pil indicata dalla NATO. Si fa anche un cenno ad un possibile riscaldamento del conflitto sociale.

Chi ragionasse in termini puramente contabili potrebbe stupirsi che mentre le limitazioni di bilancio dovute alla Ue (2% deficit, 60% debito/pil) vengono impugnate contro la spesa pubblica in generale, o più volentieri per legittimare l’abbassamento delle pensioni, il comparto militare resta immune da tale effetto, e si può tranquillamente esibire la volontà di arrivare alla sospirata soglia.

Soglia che in realtà nessuno ha raggiunto: nell’ambito Ue solo Grecia e i tre paesi baltici oltrepassano il 2% del pil nella difesa. I cinque che più generosi, dietro di loro, sono: Francia, Romania, Cipro, Polonia, Svezia.

E la pressione sui governi europei diventa particolarmente forte: gli Usa, fatalmente legati a Israele (che sta incontrando difficoltà sul campo) e maggiormente interessati allo scacchiere del Pacifico, si stanno discretamente ritirando dall’Ucraina.

Il nuovo pacchetto di aiuti da 60 miliardi $ è impantanato al Congresso, visto che i repubblicani – anche per il crescente peso di Trump – sono assolutamente contrari; si parla di un voto questa settimana, ma diverse scadenze del genere sono già state sforate e nulla è certo. In ogni caso in questa fase l’onere ricade sugli europei, e si manifesta una attività febbrile da parte delle autorità Ue – determinate a relegare la favoletta della “Europa di pace” nel regno della pura fantasia – a promuovere un complesso militare-industriale Ue.

Per far ingoiare il rospo agli elettorati, si ricorre all’armamentario propagandistico della Guerra Fredda, sventolando una immaginifica Russia desiderosa di conquiste militari e che potrebbe portare l’offensiva sul paesi baltici.

La questione più preoccupante è di lungo periodo. Un possibile ulteriore disimpegno Usa dallo scacchiere europeo, lasciandosi dietro l’ordine ai vassalli di tenere le posizioni potrebbe comportare una spesa più ingente del 2% del pil, magari virando verso livelli da Guerra Fredda: 3 o anche 4% del pil.

Il provvedimento Ue per accelerare la industria della difesa chiamato ASAP era rivolto alle pallottole: la componente più di base e tecnologicamente povera.

Edificare una macchina di guerra di livello comporta una progettualità di lungo periodo, almeno decennale.

Ancor più se consideriamo il contesto: anche al di là del Covid il decennio passato è stato molto deludente per le economie europee, con crescita del pil molto limitata e produttività che arrancava.

Questi anni Venti stanno andando nel peggiore dei modi, con la principale economia Ue, quella tedesca, in crisi nera: la media dei 27 paesi è cresciuta nel 2023 dello 0,4%, con la Germania sotto segno negativo con -0,3%, assieme a una decina di altri Stati membri.

Né le condizioni precedenti paiono rinnovabili a breve: gas russo conveniente (invece di quello di Usa e del Qatar) e fine delle sanzioni con riapertura del commercio con Mosca.

In un probabile decennio di recessione le maggiori spese militari non solo si mangeranno ancora più spesa pubblica di carattere sociale, visto che le Ue pare intenzionata a ripristinare i malfamati criteri per la disciplina di bilancio; ma anche una fetta di pil. Nel DEF appena uscito, infatti, campeggia una immagine di previsione della spesa sanitaria… verso il basso. 6,4% sul pil nel 2024; poi 6,3% nel 25-26 e 6,3% nel 2027.
Evidentemente il governo si è premunito contro il ritorno del parametri e ha iniziato subito a pianificare l’austerità.

Se si aggiunge un ulteriore aumento del militare, è chiaro che qualcos’altro dovrà calare. Ed una economia molto “austera” è fragile e vulnerabile agli shock esterni, in casi di difficoltà può avvitarsi su se stessa molto rapidamente. In ogni caso la militarizzazione della Ue è un delirio.