A distanza di 24 ore dalla sua presentazione si stanno delineando meglio i contorni del progetto di riforma costituzionale voluto da Putin. In primo luogo desta interesse il fatto che si intenda fare presto.

Ieri il Consiglio della Federazione ha fatto trapelare la notizia che il referendum popolare per approvare le modifiche alla Costituzione «si terranno in un giorno festivo» prima del Primo maggio. I tempi strettissimi – la Duma dovrà legittimare i cambiamenti già entro febbraio – hanno un chiaro significato politico perché l’operazione lanciata dal presidente russo non è sicuramente un’operazione puramente cosmetica volta a garantirgli di restare in sella anche dopo il 2024.

E HA I SUOI RISCHI. Ieri il nuovo premier russo Michail Mishustin, malgrado non venga dalla carriera politica ma sia un tecnocrate, si muoveva già a suo agio nel panorama politico russo. Si è presentato in parlamento per incassare la fiducia e ha proposto spizzicchi di programma del suo nuovo governo.
«Intendo portare l’inflazione sotto il 4% e rilanciare l’economia del paese» ha detto il nuovo presidente del consiglio. Ha inoltre garantito ai deputati che il governo accelererà l’attuazione dei grandi progetti nazionali di investimento sulle infrastrutture.

CON L’INDEBITAMENTO delle famiglie che ha raggiunto cifre preoccupanti e una crescita economica poco sopra l’1%, il solo problema di tali progetti keynesiani è dove reperire le liquidità. Il premier si è dato anche degli obiettivi più «volatili»: «È necessario ristabilire la fiducia tra governo e imprese, migliorare il clima imprenditoriale, eliminare le eccessive barriere amministrative ed effettuare efficacemente la riforma delle attività di controllo e supervisione». Se ci riuscirà almeno in parte facendo ripartire un’economia da tempo sulle gambe è troppo presto per dirlo, ma se ci riuscisse sicuramente potrebbe diventare lui il più verosimile candidato a diventare il successore di Putin alla presidenza.

PER MEDVEDEV non sembra invece più spazio. Putin, lo ha nominato vice-presente del Consiglio per la sicurezza, di cui lui è stesso presidente, una sorta di pensionamento anticipato. Le elezioni presidenziali potrebbero essere persino – come segnalava Kommersant ieri mattina – anticipate al prossimo anno. Vedomosti ha fatto notare che questa «rivoluzione passiva» decisa da Putin risponderebbe anche a motivi anagrafici.

Putin è alla frontiera dei 70 anni e Lavrov, il ministro degli esteri, li ha superati: a questo punto dalla presidenza del Consiglio di Stato lo «Zar» potrebbe sovraintendere ancora a lungo l’attività governativa limitando i compiti presidenziali alla politica interna ed economica e tenendo per sé lo scettro della politica estera.

TUTTO A POSTO DUNQUE? Non proprio. La popolazione sta guardando ciò che sta avvenendo nel Palazzo senza alcuna illusione. I rating di popolarità di Putin non sono più neppure pubblicati perché scesi troppo in basso. E ieri su Novaya Gazeta, l’editorialista Yulia Latynina sottolineava come «La popolazione è rapidamente impoverita, l’élite è furiosa e arrabbiata, si iscrivono al sito di Navalny intere classi scolastiche e le sue trasmissioni sono più seguite del telegiornale».

Per il momento comunque Mishustin ieri ha incassato la fiducia alla Duma con 383 sì e nessun no. Hanno votato a favore Russia unita, i liberaldemocratici (in realtà di estrema destra) di Vladimir Zirinovsky e la socialdemocratica Russia giusta. I comunisti hanno preferito lasciare l’aula ma solo per evitare di farsi accusare ancora una volta di essere anch’essi, stampella del regime.