L’occasione non potrebbe essere più solenne: la parata con cui ogni 12 giugno si celebra la Giornata della Russia, festa nazionale della Federazione nata alla fine del 1991 dalle ceneri dell’Urss. Solo che questa volta, accanto a soldati e generali dell’esercito di Mosca, sulla Piazza Rossa sfilano i militari americani fatti prigionieri in guerra e «i rappresentanti di tutte le élite degli Stati Uniti», «il presidente Bush III e gli ex presidenti Bill Clinton, Bush junior e Hillary Clinton, membri attuali ed ex membri del gabinetto, deputati e senatori, banchieri e industriali, editorialisti di giornali e conduttori televisivi, famosi avvocati e top model, cantanti pop e attori di Hollywood». Sono tutti ammanettati e portano al collo delle targhette con i loro nomi. Del resto, il governo russo aveva chiarito ai suoi cittadini e al mondo «che la Russia aveva combattuto e sconfitto non un esercito americano, ma la civiltà americana».

VOLENDO LEGGERLO come un semplice testo di finzione, una sorta di science fiction saggistica, per capirci nello stile di Sempre la Valle di Ursula K. Le Guin (Mondadori, 1986), si potrebbe pensare che si tratti di una riuscita distopia. Ma Il terzo impero di Mikhail Yuryev (in libreria da domani per Fanucci, pp. 538, euro 19,90) non crea alcuna geografia fantastica e alcun popolo, come faceva la scrittrice californiana con i Kesh descritti e analizzati nel suo celebre libro, descrivendo piuttosto uno scenario almeno in parte compatibile con la realtà della Russia odierna e le conseguenze, in questo caso ancor più catastrofiche di quanto sta accadendo nella realtà.

Il punto è che Mikhail Yuryev, questo libro in cui descrive le varie forme di guerra ibrida condotte dal Cremlino via via nei confronti di Paesi già parte dell’Unione sovietica, lo ha pubblicato nel 2007, anticipando quanto sarebbe poi avvenuto puntualmente in Georgia, Crimea e Ucraina nel corso degli ultimi quindici anni.

Per capire il senso dell’epilogo parziale con cui si conclude il volume, vale a dire la vittoria russa in una nuova guerra mondiale contro l’Occidente e l’instaurazione di un impero guidato da Mosca, si può fare appello a quanto espresso letteralmente nel sottotitolo del volume: «La Russia come dovrebbe essere».

La sensazione è infatti che Yuryev, imprenditore, membro della Duma, presidente del Consiglio per l’economia e l’imprenditoria negli anni Novanta, considerato vicino a Vladimir Putin fin dall’inizio della sua ascesa al potere e scomparso prematuramente nel 2019 a soli sessant’anni, abbia voluto costruire una sorta di «manifesto politico», prima di tutto ad uso e consumo dell’élite moscovita.

L’escamotage narrativo cui è ricorso l’autore vuole che sia uno storico brasiliano a descrivere nel 2054 la rinascita del Paese sotto la guida di Vladimir II il Restauratore e del suo successore, Gavril il Grande.

Attraverso il consueto intreccio, per il neonazionalismo russo, tra recupero dello stalinismo e dell’eredità zarista, un po’ Dugin un po’ il Il Patriarca Kiril, «nazionalizzazione» dell’era sovietica e pressione bellica – al dominio globale si arriva dopo le ripetute invasioni dei Paesi limitrofi -, il libro «offre importanti spunti» sulla mentalità che alberga oggi al vertice del Paese, come ha notato sull’Atlantic Dina Khapaeva.

DEL RESTO, la stessa analista dell’Università della Georgia segnalava che «si dice che Il terzo impero sia popolare e molto influente nella cerchia di Putin; una pubblicazione russa lo ha descritto come “il libro preferito del Cremlino”». Dunque: distopia o funesta anticipazione?