«Ancora il blocco navale?». Al ministero della Difesa non sanno come prendere la proposta di Giorgia Meloni di utilizzare le navi militari per fermare i barconi carichi di disperati che attraversano il Mediterraneo. La leader di Fratelli d’Italia ne ha parlato in televisione spiegando che l’utilizzo delle navi dovrebbe essere attuato grazie a «una missione europea, da concordare con le istituzioni europee» e «in accordo con le autorità libiche». Un’idea che Meloni va ripetendo da anni e sempre caduta nel vuoto ma che oggi, a meno di due mesi dalle elezioni che potrebbero portarla a Palazzo Chigi, assume contorni diversi e rischia di interrompere – ammesso che si sia mai avviato – un processo di normalizzazione e di accreditamento internazionale di Fratelli d’Italia, in particolare con i partner europei. A questo si aggiunga il malumore creato negli alleati dalle parole della Meloni. Reduce da una due giorni a Lampedusa, Matteo Salvini non ha infatti gradito l’uscita che considera quasi un’invasione di campo. «Noi al governo – trapela infatti dalla Lega – abbiamo già azzerato gli sbarchi e dimezzato i morti coi decreti sicurezza, che fra due mesi riproporremo identici. Possiamo quindi vantare risultati concreti, riconosciutici in tutta Europa, e ogni suggerimento degli alleati sarà per noi prezioso».

Il problema per Meloni, però, è che il blocco navale è una proposta la cui realizzazione è a dir poco complicata. «Difficile, se non impossibile», taglia corto una fonte della Difesa. Che poi spiega: «Il blocco navale è un modo per bloccare l’ingresso di navi, e non l’uscita, dai porti di un Paese nemico. Detto questo i barconi dei migranti non partono certo dai porti, ma da punti di imbarco che si trovano lungo le coste libiche. L’unico modo per intercettarli sarebbe quindi controllare il limite delle acque territoriali. Per farlo, però, sa quante navi e quanti uomini servirebbero?».
Come se non bastasse, poi, bisogna tener contro che se anche una nave militare incrociasse un barcone non potrebbe consegnarlo alle motovedette libiche né rimandarlo indietro. «Si tratterebbe di un respingimento vietato dal diritto internazionale», spiega ancora il funzionario. «E poi non dimentichiamoci che stiamo parlando di imbarcazioni a dir poco precarie con a bordo dei civili che necessitano di assistenza e che nel caso di naufragio avremmo l’obbligo di soccorrere».

Anche l’altra proposta avanzata dalle leader di Fratelli d’Italia – e condivisa questa volta da Matteo Salvini – appare irrealizzabile. Vale a dire l’apertura in Africa di hotspot dove effettuare «la valutazione di chi ha diritto a essere rifugiato e di chi è irregolare, la distribuzione dei veri profughi rispedendo indietro gli altri». «Occorre smetterla di considerare profughi e irregolari la stessa cosa – ha concluso Meloni – è una falsità costruita in questi anni dalla sinistra».
Anche in questo caso a fare da ostacolo è quanto previsto dalle normative internazionali. Il diritto europeo, a partire dal regolamento di Dublino, prevede infatti che una persona possa fare richiesta di asilo a un Paese dell’Unione solo si trova all’interno di uno Stato membro. Quindi non dalla Libia o da un altro Stato non europeo.

Pur di sostenere la sua proposta, rispondendo così anche a quanti l’hanno criticata, ieri Meloni ha rispolverato un vecchio titolo di giornale che diceva: «Ue: blocco navale in Libia contro le morti in mare». «Così titolava l’Unità il 26 gennaio 2017 per sintetizzare proposte Commissione europea per ‘fermare i flussi migratori’ – ha spiegato – . Il #BloccoNavale europeo in accordo con le autorità del nord Africa che propone Fdi è l’attuazione di quanto proposto dall’Ue già nel 2017 e ribadito più volte».

In realtà da Bruxelles non sono arrivate indicazioni in questo senso, almeno non così esplicite e non in quegli anni. Il primo intervento nel Mediterraneo per contrastare i trafficanti di uomini è stato con la missione Sophia che certo prevedeva azioni militari (come la possibilità entrare nei proti libici per affondare i barconi dei trafficanti), ma solo con un mandato Onu e con il via libera delle autorità libiche. Alla fine, però, è prevalso fortunatamente l’aspetto umanitario, con il salvataggio di 49 mila uomini, donne e bambini salvati in tre anni (2015-2018).