E’ un voto carico di tensioni quello di domenica a Palermo. Dopo il regno di Leoluca Orlando, che dal 1985 è stato sindaco per sei volte e ha guidato il Comune per vent’anni negli ultimi trenta, la città si prepara a una svolta radicale. In campo ci sono sei candidati, ma la sfida è tra Roberto Lagalla del centrodestra e Franco Miceli dell’area progressista, con l’outsider Fabrizio Ferrandelli sostenuto da Azione e +Europa.

Oggi si chiude una campagna elettorale segnata dalla polemica sull’ingresso a gamba tesa dei due condannati per vicende di mafia, Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro, in sostegno di Lagalla, criticato da più fronti per non avere respinto l’appoggio: in questo senso sono state nette le posizioni assunte da Alfredo Morvillo, fratello di Francesca assassinata nella strage di Capaci, Maria Falcone, sorella del giudice, fino agli ex pm Roberto Scarpinato e Peppino Di Lello. L’arresto due giorni fa per voto di scambio politico-mafioso di Pietro Polizzi, candidato nella lista di Forza Italia, ha reso ancora più incandescente il clima, a 48 ore dall’apertura delle urne.

Franco Miceli, c’è tra la gente il timore che Cosa nostra possa inquinare il voto se non addirittura infiltrarsi?
Ho avvertito una sorta di paura, non c’è dubbio. Tanta gente teme il ritorno delle vecchie logiche di gestione del potere con annesse infiltrazioni mafiose. L’arresto di Polizzi è più di un campanello d’allarme. Anche nei quartieri popolari c’è la preoccupazione che, finita la fase di Orlando, si possa aprire una stagione di ambiguità. Nei prossimi mesi a Palermo arriveranno immense risorse economiche dal Pnrr e dai fondi della nuova programmazione europea; il rischio che la mafia si faccia sotto è alto.
Lagalla ha più volte ripetuto che con lui la mafia troverà le porte chiuse e che accompagnerà in Procura chiunque commetta passi falsi
Da parte di Lagalla c’è tanta ambiguità. Non ha ancora risposto alle questioni poste da Maria Falcone e dall’arcivescovo Corrado Lorefice, entrambi sono stati chiari: «State attenti a chi vi mettete dentro». Lagalla non ha mai dato una risposta esauriente, ha solo detto «chiudo le porte alla mafia». Può pure chiuderle ma se i diavoli sono dentro… Questa ambiguità avrà un peso elettorale per lui, a quel pezzo di destra sociale che lo appoggia e che crede nella legalità e nella lotta alla mafia non è piaciuto che il proprio candidato sindaco abbia accettato Dell’Utri come padrino politico.

Pensa di pescare voti tra i delusi di centrodestra?
Per un cittadino per bene, che ha dei valori morali, è impossibile votare per chi accetta il sostegno di un condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.

Lei è stato scelto da Pd, M5s e Sinistra: si sente una cavia di questa nuova alleanza che parte proprio da Palermo?
Con la scelta di candidarmi a sindaco queste forze progressiste hanno dato vita a un laboratorio politico funzionale all’intero Paese. È un’alleanza compatta, sono convinto che può diventare un modello per le prossime tornate elettorali, penso alle elezioni regionali d’autunno in Sicilia con le primarie alle porte e alle politiche.

Tra i suoi sostenitori c’è anche il sindaco Orlando, che lascia una città piena di problemi. Per lei è uno svantaggio?
Orlando ha il grande merito di avere trasformato Palermo da capitale della mafia a capitale dell’antimafia. Oggi Palermo è una città di cultura, dove l’accoglienza e la difesa dei diritti sono ormai valori radicati. Purtroppo negli ultimi anni sono stati commessi degli errori, già a partire dalla coalizione che si formò per sostenere Orlando nel 2017 con liste omnibus dove c’era di tutto e di più. Quella maggioranza si è sfaldata ben presto, la responsabilità non è stata solo di Orlando ma di quella coalizione: non è normale che 16 consiglieri nel tempo siano passati all’opposizione mandando in minoranza il sindaco. Il senso di responsabilità del M5s ha evitato problemi ancora più gravi per l’amministrazione.

Come pensa di recuperare il senso di sfiducia verso il Comune per i tanti disagi: dal default del bilancio allo scandalo delle bare accatastate nel cimitero, all’emergenza rifiuti?
Con un Patto per la città. Il mio obiettivo è recuperare quello spirito di unità tra chi governa e i cittadini che fu l’elemento qualificante della “Primavera” di Palermo nel ’93.

Quali sono le priorità?
Il risanamento del bilancio. Mi batterò per avere una legge nazionale per Palermo, immediatamente. Non abbiamo il debito enorme delle altre città, il problema è la montagna di tasse da recuperare; per questo occorre un patto con l’Agenzia delle Entrate. Poi un piano straordinario di manutenzione, aumento della raccolta differenziata dei rifiuti e la realizzazione del terzo ponte sul fiume Oreto: l’opera è stata inserita nel progetto per la nuova linea del tram. Chiederò al governo Draghi i poteri speciali che furono dati a Genova per il ponte Morandi.