«Esso costituisce uno dei cinque tratti funzionalmente autonomi della cosiddetta ‘Linea Adriatica’ dei gasdotti. Si tratta di infrastruttura strategica ai fini della diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento energetico, che consentirà d’incrementare le capacità di trasporto di gas proveniente dai punti di entrata della rete nazionale dei gasdotti ubicati nel Sud Italia». Con queste motivazioni, lo scorso 5 ottobre, il Governo ha dato l’ok alla realizzazione del metanodotto Sulmona- Foligno.

Ed è protesta, di nuovo. Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Mario Draghi, «in seguito alla complessiva valutazione e armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti», ha quindi deliberato «il superamento del diniego espresso in conferenza di servizi dalle Regioni Abruzzo e Umbria, consentendo la prosecuzione del procedimento di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell’opera». Il fatto ha scatenato l’ira del territorio coinvolto e delle associazioni ecologiste.

Secondo i Comitati cittadini per l’ambiente e il Coordinamento No Hub del Gas, si tratta di «atto inqualificabile compiuto in spregio dei più elementari principi democratici. Gentiloni – dicono – fece lo stesso con la centrale di compressione. Ma l’ormai defunto governo Draghi lo ha superato. Che urgenza c’era – viene chiesto – di approvare un intervento di questa rilevanza e che dovrebbe entrare in esercizio nel 2027? C’è una sola spiegazione: il “governo dei migliori” doveva dimostrare fino in fondo di essere asservito agli interessi delle potenti lobby delle fonti fossili. L’opera è inutile e devastante, non serve, ma va fatta per i profitti della Snam anche se i costi si riverseranno sulle bollette di famiglie e imprese«.

Indice anche contro il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, «il quale, anziché opporsi, come hanno fatto, per l’ennesima volta i sindaci in un documento inviato in agosto al governo, ha steso un tappeto rosso davanti a Draghi e a Cingolani». Il provvedimento arriva in barba alle criticità rilevate, come l’alta sismicità dell’area, e ai no delle due Regioni del 2015 e del 2017. «Schiacciata la loro volontà», si rimarca. Mentre Marsilio sta cercando di «mitigare» la rabbia che cresce convocando – ieri, ndr – i primi cittadini e suggerendo, ora che la frittata è fatta, «di negoziare con Snam e con il Governo le compensazioni previste in questi casi dalla legge e decidere insieme, come meglio utilizzare i fondi», la fronda ambientalista promette che «questa storia», fatta di lunghe e spinose battaglie e che «ci vede impegnati ormai da 15 anni, non finisce così».

E Rifondazione comunista, con il segretario nazionale Maurizio Acerbo: «Un progetto di queste dimensioni costituisce sempre un affare appetitoso. Non ci risultano voti contrari in Consiglio dei ministri – puntualizza – quindi dobbiamo ritenere responsabili di questa pugnalata alle spalle tutti i partiti presenti nel Governo, dalla Lega e Forza Italia, da Azione al Pd al M5S. Ma non si può non denunciare che ancora una volta – come su tutti i misfatti – c’è la totale complicità di Fratelli d’Italia e di Marsilio. Stiamo assistendo allo stesso copione di Piombino dove sono tutti uniti per il rigassificatore a 800 metri dalle case».