Dopo l’inchiesta di Fanpage, i silenzi, i provvedimenti disciplinari annunciati e gli attacchi alla stampa, Giorgia Meloni scrive ai dirigenti del suo partito per dettare la linea. Lo fa, ancora una volta, utilizzando formule che usano codici, automatismi e stratagemmi retorici tipici della storia cui appartiene. «Non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite – dice Meloni ai suoi – come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del Novecento, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore». Già nel 1948 il primo congresso del Msi invitava a rapportarsi con il fascismo adoperando la formula «non rinnegare, non restaurare». Adesso Meloni indica un orizzonte più vasto al quale bisogna adattarsi: «Il nostro compito è troppo grande perché si possa consentire a chi non ne ha compreso la portata di rovinare tutto – scrive la presidente del consiglio – Non ho e non abbiamo tempo da perdere con chi non è in grado di capire cosa sia FdI e quali siano le grandi sfide. E non ho e non abbiamo tempo da perdere con chi vuole farci tornare indietro o con chi ci trasforma in una macchietta». La leader si dice anche «arrabbiata e rattristata per la rappresentazione di noi che è stata data dai comportamenti di alcuni giovani del nostro movimento ripresi in privato».

LE FASI SALIENTI risalgono al 2017, quando al congresso nazionale di Trieste fu deciso che FdI «non sarebbe stato solo il partito della destra italiana, ma che sarebbe stato qualcosa di più. Il movimento dei patrioti italiani. Di tutti i patrioti, a prescindere dalla loro provenienza politica». Poi rievoca il congresso programmatico di Torino del 2019 e l’adesione «al movimento conservatore». Con questa accezione si intende quella corrente della destra reazionaria che si contrappose alla Rivoluzione francese in nome dell’anti-egualitarismo e del restauro della tradizione e che oggi sostiene che l’unico modo per i liberali di non scivolare nel marxismo (ebbene sì) è rifiutare ogni compromissione con il progressismo dei diritti. «Questa è la grande sfida delle società occidentali – spiega Meloni – il confronto, la contrapposizione a volte, tra chi vuole guardare al futuro mantenendo le proprie radici e chi invece quelle radici vorrebbe estirparle».

COSA NE È DELL’ANTIFASCISMO, invocato nei giorni scorsi anche dai portavoce della comunità ebraica? Meloni se la cava così: «La nostra linea è da sempre molto chiara. Nel 2019 abbiamo aderito con totale convinzione alla risoluzione del parlamento europeo ‘sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa’, con la quale si condannavano senza esitazione tutte le dittature del Novecento (nazismo, comunismo e fascismo). Un passaggio doveroso e necessario a superare l’odio che ha attraversato l’Europa e guardare a un futuro di pace e libertà».

NEL FRATTEMPO, i video di Fanpage sui giovani di FdI continua a produrre effetti. La commissione contro le discriminazioni presieduta da Liliana Segre ha deciso all’unanimità di accogliere la proposta dell’ex deputato di Forza Italia Elio Vito di acquisirli allo scopo di «avviare tutte le iniziative che riterrà necessarie ed opportune per contrastare adeguatamente tali manifestazioni incompatibili con la nostra Costituzione e con le nostre istituzioni democratiche». In  tutto ciò, ci si mette anche Guido Bertolaso, assessore al welfare della Regione Lombardia. In un dibattito sull’infanzia usa queste parole: «L’inverno demografico è drammatico e non ci aiuta, anzi rischia di far scomparire la razza italica». Inevitabili le polemiche. Di fronte alle quali, nel suo discorso, Meloni è fatalista. Non esorta i suoi all’autocritica ma all’accortezza: «Non possiamo fermare questi attacchi – dice – Ma possiamo fare tutto il possibile per essere adeguati al ruolo che gli italiani ci hanno affidato».