Politica

All’estero ma anche da noi: tante le inchieste «coperte»

Un’inquadratura dal video di Fanpage sulla Gioventù nazionaleUn’inquadratura dal video di Fanpage sulla Gioventù nazionale

Dopo l'inchiesta di Fanpage Altro che prima volta: l'«undercover» ha sempre preso di mira i partiti

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 29 giugno 2024

La presidente del Consiglio ha un’idea particolare della stampa, è nota la sua propensione a saltare appuntamenti e confronti con i giornalisti. Non può stupire quindi che nella sua particolare difesa di Gioventù Nazionale, mostri di non sapere cosa sia e a che serve il giornalismo sotto copertura. Nella sua bizzarra visione del giornalismo di inchiesta, non è previsto il giornalismo sotto copertura che in realtà esiste da metà 800 ed è nato con uno scopo nobile: scoperchiare il malaffare per cambiare immediatamente le condizioni dei più deboli.

Certo in Italia non c’è una tradizione così solida di questo tipo di inchiesta, a differenza dei paesi anglosassoni dove giusto ieri è stata pubblicata un’inchiesta undercovered di Channel4 sull’ex capo del governo Farage scoperto a riempire di epiteti razzisti l’attuale Sunak.

A novembre del 2023 un giornalista tedesco vestito da corridore si è intrufolato in un incontro segreto tra membri di alto rango del partito tedesco di estrema destra AfD e della CdU rivelando un “piano generale” per espellere milioni di persone dalla Germania.

Ma gli esempi non mancano neanche in Italia, anche se a Meloni non fa gioco ricordarli. La presidente era già in politica quando venne coniato il termine “minzolinismo” proprio per indicare il metodo di lavoro di Augusto Minzolini, ex senatore del Popolo delle Libertà e oggi editorialista del Giornale e di Rete4. Minzo, come viene tuttora chiamato, fu allievo di un noto cronista dell’Espresso, Guido Quaranta che per intrufolarsi nelle riunioni della Dc si travestiva persino da autista.

I suoi scoop su Craxi sono nati sul water del bagno delle donne della sede del Psi, dai suoi travestimenti da cameriere, dall’abitudine di pedinare a fari spenti alcuni politici (così scoprì il “patto della crostata” di D’Alema), dai microfoni nascosti, dai nascondigli che sapeve trovare in ogni luogo: origliava dietro le tende, dentro gli ascensori, dagli sgabuzzini. Nel ‘94 fece uno scoop molto simile a quello di oggi di fanpage, pizzicando Cesare Previti mentre cantava Faccetta nera. Solo due anni fa invece, Lapresse registrò Berlusconi mentre si vantava dei suoi rapporti con Putin nel pieno della guerra in Ucraina. «Ho riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto. Nel senso che per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce. Sono stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici», disse intercettato durante una riunione con i parlamentari forzisti in occasione delle elezioni dei capigruppo. Ma Meloni oggi non ricorda e preferisce delegittimare ancora il lavoro giornalistico.

La redazione di fanpage ieri ha risposto alle dichiarazioni della premier punto per punto. Ha ricordato le inchieste precedenti sulle tessere del Pd così come quelle sull’Ugl, ha confutato di aver assunto investigatori, come ha invece sostenuto da Meloni che non si capacita ancora che ci sia qualche testata in Italia che non si ferma alle veline del governo. Qualche anno fa, nell’era d’oro dei social, aveva molto successo una pagina satirica chiamata “Il vittimismo dei camerati”. Una pagina profetica, con il senno di poi, dato che il vittimismo è ora assurto a metodo di governo e rapporti con quel che resta della stampa libera. Esemplare in questo senso fu qualche mese fa la ministra Roccella che parlo a reti unificate di censura per la contestazione di uno sparuto gruppo di 15enni. Oggi è la capo di governo a salire ancora di livello, «infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è da regime”, ha detto.

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