Accrescere la pressione su Israele per spingerlo ad interrompere l’offensiva contro Gaza mettendo a rischio gli interessi commerciali statunitensi ed europei. Sembra essere questo il messaggio inviato dai guerriglieri yemeniti del movimento sciita Ansarullah – meglio noti come Houthi, sponsorizzati dall’Iran – responsabili nelle ultime settimane di attacchi sempre più frequenti e precisi contro le navi mercantili che passano per Bab El Mandeb. Gli armatori dei paesi che più dipendono dalle importazioni e dal traffico attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso già fanno i conti con l’aumento dei costi delle assicurazioni, solo per citare una delle conseguenze degli attacchi di Ansarullah che controlla una buona porzione dello Yemen e la capitale Sanaa. L’ultimo è di ieri. Una petroliera che passava al largo delle coste yemenite è stata raggiunta da uomini armati a bordo di un motoscafo e colpita con razzi. Nelle stesse ore un mercantile è stato avvicinato da una imbarcazione veloce nella stessa zona, ma non è stato attaccato. Il cacciatorpediniere americano Mason ha poi abbattuto un drone che si dirigeva nella sua direzione mentre faceva rotta verso la Ardmore Encounter, una delle navi precedentemente prese di mira.

«Gli Houthi continuano ad attaccare il trasporto marittimo internazionale concentrandosi su navi che, secondo loro, hanno un legame con interessi o cittadini israeliani. Le implicazioni sulla sicurezza del trasporto marittimo internazionale sono considerevoli e molto preoccupanti», ha avvertito Jakob Larsen, dell’associazione marittima Bimco. Vengono segnalati attacchi continui che la Coalition Task Force (CTF) Sentinel che comprende le marine statunitensi, britanniche e di altri paesi non riescono ad impedire. Le compagnie di navigazione, perciò, stanno modificando le rotte di transito in Medio Oriente e questo avrà un impatto sul Canale di Suez, una delle più importanti fonti di valuta pregiata per l’Egitto alle prese con una grave crisi economica.

Inizialmente gli Houthi lanciavano missili verso Israele, poi hanno attaccato navi che consideravano di proprietà israeliana e ora quelle che ritengono dirette in Israele. Come la petroliera battente bandiera norvegese, Strinda, centrata con un razzo dopo che l’equipaggio si era rifiutato di rispondere all’intimazione di fermarsi. Poi è emerso che il cargo era in rotta per l’Italia dalla Malesia con materie prime e che un’unità della Marina militare francese nel Mar Rosso ha abbattuto un drone evitando che la nave fosse colpita una seconda volta. Nel frattempo, unità da guerra Usa continuano ad abbattere missili lanciati da Ansarullah verso Israele.

Il gabinetto di guerra guidato da Benyamin Netanyahu potrebbe inviare nel Mar Rosso meridionale la corvetta Sa’ar 6 – che ieri ha attraccato nel porto di Eilat – con diversi sistemi di difesa antimissile, allo scopo di contrastare gli attacchi alle navi commerciali che, per ora, non avrebbero un impatto diretto sull’attività del porto israeliano di Ashdod. Le cose forse andranno in modo diverso nelle prossime settimane considerando che Israele fa affidamento sul commercio marittimo per le importazioni e le esportazioni. Ashdod nel sud e Haifa nel nord sono i porti più interessati mentre quello Ashkelon, il più vicino a Gaza, è chiuso a causa della guerra. Ieri il presidente israeliano Isaac Herzog ha lanciato accuse pesanti agli Houthi lasciando intendere che le forze armate potrebbero intervenire in una maniera più diretta per fermare il movimento yemenita.

L’obiettivo israeliano però non sono tanto i guerriglieri yemeniti ma Teheran considerata dal governo Netanyahu la vera responsabile delle azioni mordi e fuggi di Ansarullah. L’attacco contro Gaza sta rivoluzionando almeno in parte l’equilibrio dei poteri. Usando missili e droni consegnati in questi anni agli Houthi, l’Iran prova ad affermare il suo peso nella regione e a tenere sotto pressione Israele evitando però un coinvolgimento diretto che lo porterebbe alla guerra con lo Stato ebraico e gli Stati uniti. La popolazione iraniana in maggioranza è contraria a una guerra vera e propria con Israele pur manifestando ampia solidarietà alla popolazione di Gaza. Il sito Amwaj.media di approfondimento sul Medio oriente, scrive che al di là dei proclami battaglieri dei leader politici e religiosi, il conflitto israelo-palestinese sta dividendo l’Iran e ha innescato dibattiti e battaglie online. Accanto a coloro che non ritengono che il paese debba appoggiare i palestinesi al punto da scendere in guerra contro Israele e Usa, ci sono quelli che criticano le autorità perché, a loro dire, non aiuterebbero a sufficienza Hamas e i palestinesi. Accuse sono rivolte allo stesso ayatollah Ali Khamenei che avrebbe scelto una linea prudente e di sostenere Gaza senza portare l’Iran in guerra con Israele.