In una lettera indirizzata al re del Marocco, Mohammed VI, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato che, per la Francia, «il presente e il futuro del Sahara occidentale rientra nel quadro della sovranità marocchina», allineandosi di fatto con le posizioni di altri paesi occidentali come la Spagna, gli Stati uniti e Israele.

«L’UNICA BASE per raggiungere una soluzione politica giusta, duratura e negoziata per il Sahara occidentale – afferma Macron – è il piano marocchino di “autonomia” presentato da Rabat nel 2007».

Secondo un comunicato stampa del Gabinetto reale, diffuso in occasione del “Giorno del Trono” – commemorazione per l’inizio della monarchia di Mohamed VI nel 1999 – Rabat ha messo in evidenza «l’ennesima vittoria diplomatica in merito alla sua legittimità sul Sahara occidentale».

Il Sahara occidentale, ex colonia spagnola, è considerato dalle Nazioni unite un «territorio non autonomo» e proprio per questo motivo dal 1991 la missione di pace Onu Minurso ha l’obiettivo di «garantire l’autodeterminazione del popolo saharawi con l’organizzazione di un referendum».
Dal 1975 Rabat controlla quasi l’80% del Sahara occidentale e ne sfrutta le risorse, sostenendo «un piano di autonomia all’interno dell’integrità territoriale del regno del Marocco», mentre il Polisario – legittimo rappresentante del popolo saharawi – richiede «l’organizzazione del referendum sotto l’egida dell’Onu» e, dopo la violazione del cessate il fuoco da parte di Rabat lo scorso novembre 2020, ha ripreso la lotta armata per la liberazione dei territori occupati.
La missione Minurso non è mai riuscita a mediare tra Rabat e il Polisario, a favore del governo marocchino che ha mantenuto lo status quo nel Sahara occidentale e ha elargito profitti milionari ai diversi partner europei – principalmente Francia e Spagna – per lo sfruttamento delle ricche risorse di quell’area: fosfati, energie rinnovabili e pesca in particolare.

PARIGI È DI FATTO uno dei principali alleati di Rabat. Sia a livello diplomatico con i suoi veti nei confronti delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu contro Rabat per il «mancato rispetto dei diritti umani nei confronti degli attivisti saharawi», sia a livello economico con diverse aziende che hanno investito nel Sahara occidentale e con accordi – sanzionati dalla Corte di Giustizia Europea – di «esportazione dei suoi prodotti agricoli e ittici in Europa a tariffe agevolate».

Dura la reazione dell’Algeria che ieri ha annunciato il «ritiro del proprio ambasciatore in Francia e nuove misure contro Parigi». Altrettanto evidente il disappunto da parte del Fronte Polisario che per voce del suo segretario generale, Brahim Ghali, ha espresso «delusione sulla posizione di Parigi». «Dichiarare di sostenere il piano di autonomia del Marocco significa andare contro le risoluzioni Onu, il diritto internazionale e sostenere l’occupazione violenta e illegale del Sahara 0ccidentale» ha dichiarato Ghali all’agenzia di stampa saharawi Sps.

Proprio nel tentativo di «ripulire» la propria immagine a livello internazionale sul rispetto dei diritti umani – dopo le denunce di numerose Ong (Human Rights Watch, Amnesty) relative a casi di repressione e tortura nei confronti di saharawi, attivisti e giornalisti – il ministero della Giustizia marocchino ha annunciato la grazia e la scarcerazione di 2.476 persone durante le celebrazioni del Giorno del Trono. Liberati anche i tre giornalisti Omar Radi, Soulaimane Raissouni e Taoufik Bouachrine e un intellettuale, lo storico franco-marocchino e difensore dei diritti umani Maâti Monjib, condannati dalla giustizia di Rabat per «violenza sessuale» – reato spesso utilizzato dai servizi marocchini contro i dissidenti – ma, secondo numerose Ong, per il semplice fatto di «essersi distinti per il loro attivismo politico e le loro critiche nei confronti della corruzione del governo marocchino».

Emblematico il caso di Omar Radi, giornalista noto per i suoi reportage su disuguaglianze, corruzione e violazioni dei diritti umani in Marocco, arrestato lo scorso 29 luglio 2020, con accuse «di spionaggio e pericolo per la sicurezza dello Stato» (a causa di alcune ricerche sulla corruzione in Marocco condotte per Ong internazionali) e «stupro e violenza sessuale» e condannato dalla giustizia marocchina a 5 anni di detenzione.

«Un gesto che ristabilisce un po’ di giustizia in Marocco, paese sempre più vittima della dura repressione governativa nei confronti di attivisti e giornalisti – ha scritto su X Ali Lmrabet, giornalista marocchino corrispondente di El Mundo e in esilio da diversi anni – anche se la vera giustizia ci sarà quando saranno rispettati i diritti umani nei confronti anche dei saharawi nei territori occupati, o dimenticati nelle carceri marocchine, e degli attivisti del Rif (Nasser Zefzafi et Nabil Ahamjikdi) della cui sorte non si sa più nulla».