“Macron dimissioni! Un giorno è sufficiente”. Lo slogan è rimbalzato da twitter al corteo convocato dal collettivo “Fronte sociale” che ha sfilato a Parigi all’indomani dell’elezione a presidente di Emmanuel Macron. Da 7 a 10 mila (1.600 per la polizia) hanno risposto all’appello di alcune federazioni della Cgt, di Sud, dell’Unef e dei movimenti che si sono battuti contro la “Loi Travail”, la riforma del mercato del lavoro già sostenuta dal neo-presidente della repubblica francese quando era membro del governo socialista.

Al primo punto del suo programma Macron ha inserito una nuova riforma del codice del lavoro definita “semplificazione”. Inoltre ha promesso un nuovo attacco alla contrattazione nazionale a favore di quella aziendale. Infine ha assicurato maggiore libertà ai datori di lavoro nel definire “la durata effettiva del lavoro”, il numero di ore lavorate dai dipendenti. Vecchio pallino delle confindustrie di tutta Europa, e del Medef francese, la Loi Travail in versione El Khomri non è stata abbastanza. Dopo le legislative di giugno la lotta per la destrutturazione delle norme del diritto del lavoro e della precarizzazione ricomincerà.

Preoccupa anche lo strumento legislativo che Macron intende adottare: la decretazione per “ordinanze”. Una scelta in continuità con il governo socialista di Manuel Valls che sospese la discussione parlamentare applicando il famigerato articolo 49.3 della costituzione gollista. Lo stato di emergenza dichiarato nel paese in funzione anti-terrorista è stato applicato per approvare la riforma più contestata della storia della quinta Repubblica. Sembrano le premesse per un ritorno dell’opposizione sociale a un’idea liberista del mercato del lavoro che ha già spianato i socialisti.

Il “Fronte sociale” aveva già manifestato a Parigi il 22 aprile scorso con numeri inferiori. Tra il primo e il secondo turno delle presidenziali il suo appello ha dato una forma politica allo slogan scritto ai piedi della Marianna in place de la République, nella serata del primo turno: “Ni patrie, ni patron, Ni Le Pen, ni Macron”. Indipendentemente dalla “peste o dal colera che arriverà al potere”, il corteo di ieri è stato la “prima mobilitazione sociale” in un paese che vuole rompere con la dialettica artificiale nella quale si è cercato di rinchiudere la politica transalpina: tra il fascio-populismo del Front National e il liberismo compassionevole di Macron.

L’opposizione intende ripartire dalla questione sociale che, insieme a quella della violenta discriminazione delle popolazioni immigrate e dei francesi di nuova generazione, è la radice di una frattura di classe multipla che porta con sé i germi di una radicalità ancora più dirompente.

“Quello che ci aspetta è molto grave – ha detto Romain Altmann (Info-Com Cgt) – una Loi Travail 2”. “Chiunque sia al potere, donna o uomo, mai come oggi da 40 anni abbiamo subito tante regressioni sociali”. Le inquietudini diffuse tra i militanti non hanno spinto ancora le grandi centrali a prendere posizione. L’annuncio di Macron ha prodotto sconcerto anche tra i vertici sindacali. Il primo maggio, Jean-Luc Melenchon ha chiesto di non toccare di nuovo il codice del lavoro, correggendo l’impressione diffusa che Macron voglia rilanciare una “guerra sociale” nel paese. Da Macron nessuna risposta. Durante l’estate la nuova legge potrebbe prendere forma.

Anche la gestione della piazza ieri si è rivelata in continuità con quella precedente dei socialisti. Prima di arrivare a Bastille, un plotone di Crs – vestiti da robocop e armati con fucili a pompa che sparano flashball e proiettili di gomma Lbd 40 millimetri – hanno fatto irruzione nel corpo del corteo. Una “nasse” (gabbia) è stata costruita, il corteo diviso. Colpi di Lbd sono stati esplosi, sono stati denunciati tre feriti in una manifestazione pacifica. L’obiettivo di queste azioni è spezzare il corteo e disperderlo, stavolta senza successo. Già domenica, a pochi minuti dopo la notizia dell’elezione di Macron, la durezza poliziesca ha avuto modo di manifestarsi contro i cortei “selvaggi” e pacifici nel quartiere di Ménilmontant, nell’Est parigino non ancora del tutto bianco e franco-francese.

A piccoli sciami, i gruppi si sono iniziati a muovere in gruppi da dieci a cinquanta, camminando veloci in uno dei quartieri meno imperiali e turistici di Parigi. Appuntamenti volanti alle fermate del metrò Couronnes, Belleville e Jourdain. Evitare le grandi piazze, silegge sui social. Ma la polizia risponde e organizza posti di blocco mobili. Il primo è già fulmineo. In rue Sorbier, davanti a Lieu-dit, uno dei bar più popolari della zona che aggregano le sinistre radicali nella Capitale. Una volante svolta all’incrocio e quasi investe un ragazzo. Alcuni giovani la fermano e sbattono i pugni sui finestrini: “Cassez-vous!” urlano. “Andate via!”.

Camionette bianche sgommano all’incrocio con rue de Ménilmontant. Come da un altro pianeta sbarcano gli agenti Crs e puntano fucili a pompa. Tra loro c’è anche una donna. Un agente si rivolge a un ragazzo con il “Tu” e non il “Voi”. Lui si infuria: “Lei non si deve permettere!”. In Francia il “vous” resta ancora una formalità importante. “Tout le monde déteste la police”: lo slogan delle grandi manifestazioni contro la riforma del mercato del lavoro “Loi Travail” rieccheggia in stradine familiari sotto un gigantesco murales che ricorda la danza di Matisse: “Nous les gars d’Ménilmontant”. Come atto di sfida il plotone con i caschi e gli scudi fende la piccola folla che si è radunata in strada.

A cinquecento metri più in giù, dove mezz’ora prima si celebrava un ”piccolo ballo selvaggio” con una banda e centinaia di giovani, la prima “nasse” della serata è pronta. Camionette e plotoni hanno accerchiato e disperso la folla danzante. “Si può passare, ma non risalire” dice un agente gigante con un passamontagna sotto il casco.

Micro-cortei di giovani e giovanissimi, studenti e precari di diverse nazionalità, si susseguono per ore, mentre gli agenti con le armature li inseguono a fatica. Si riparte per Couronnes. I poliziotti caricano il corteo davanti con bombe stordenti e lacrimogeni, mentre con i manifestanti che li seguono dietro usano gas urticanti per allontanarli. A Rue des Panoyaux si è formata un’altra “nasse” che ha isolato 130 manifestanti pacifici. Nove sono stati fermati dalla Bac, le “brigate anti-criminali”, agenti in borghese vestiti come i manifestanti, mentre una persona avrebbe ricevuto il foglio di via dal quartiere. Gli arrestati sono caricati su un pulmann. I manifestanti hanno cercato di fermarlo, ma sono stati allontanati a furia di spray, mentre una squadra di Crs ha schierato gli scudi.

Di nuovo a rue Sorbier, all’incrocio con rue Ménilmontant, sono state lanciate un paio di bottiglie vuote. In risposta sono stati esplosi lacrimogeni. Il fumo ha invaso i bar. Dopo avere rotto l’accerchiamento il bus è ripartito. Gli sciami dei manifestanti hanno girato il quartiere per radunare le persone. La caccia del gatto al topo è continuata fino a oltre le due di notte. È un primo segnale per chi ieri si è risvegliato a Macronia, un paese che è una pentola a pressione.