Dopo quasi un anno, Trump ha portato a casa la sua prima vittoria legislativa: il senato ha approvato la riforma fiscale, un taglio da circa 1.400 miliardi di dollari di cui beneficeranno prevalentemente le multinazionali e i ricchi, come nelle migliori tradizioni delle destre di tutto il mondo. Il testo, nonostante tutte le riscritture a cui è stato sottoposto per raggiungere il numero di voti necessario a passare, ha mantenuto la riduzione permanente dell’aliquota aziendale al 20% a partire dal 2019, mentre le riduzioni per gli individui saranno temporanee.

SECONDO IL LEADER repubblicano del Senato Mitch McConnell «un’imposta aziendale del 20% ci renderà competitivi e offriremo vantaggi ai ceti medi», secondo le analisi indipendenti invece si stima che, anche se inizialmente il 70% degli americani pagheranno meno imposte, il guadagno minimo per i ceti medi e medio bassi svanirà alla scadenza degli sgravi individuali, nel 2025; inoltre perdendo la possibilità di dedurre le imposte locali nella dichiarazione dei redditi federale, milioni di americani vedranno le proprie tasse aumentare, mentre i profitti miliardari dei conti speculativi verranno tassati meno del reddito ordinario. Questo minimo e momentaneo sollievo fiscale, poi, il ceto medio e basso lo pagherà letteralmente al prezzo della salute: la riforma è anche un modo per minare l’Obamacare.

LA NUOVA LEGGE FISCALE cancella l’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria, che è ciò che mantiene in vita l’Obamacare, in quanto, obbligando a pagare un’assicurazione anche chi solitamente non lo farebbe, perché magari si sente giovane e sano, si riesce a mantenere basso il prezzo delle assicurazioni a favore di chi ne ha bisogno ma non può pagarle. Una specie di tassa sulla salute, insomma, che non ci sarà più, quindi i prezzi delle assicurazioni lieviteranno, e tutto andrà a discapito dei più poveri, o di chi fa un lavoro che non prevede una copertura sanitaria. Praticamente la base di Trump.

SECONDO LE STIME grazie a questa mossa i premi assicurativi aumenteranno del 10% l’anno ed entro il 2019 4 milioni di persone perderanno la copertura sanitaria; il numero salirà a 13 milioni entro il 2027. Anche l’abolizione della tassa di successione è un favore ai ricchi, ma che la priorità di questa legge sia tutelare il business a discapito dei cittadini è parso chiaro quando è stato bocciato l’emendamento proposto dal senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio, che chiedeva di lasciare solo qualche punto in più nell’aliquota aziendale, al 22% o 24%, per poter aumentare gli aiuti alle famiglie con figli a carico.

LA VOTAZIONE DELLA RIFORMA è andata avanti fino alle 2 del mattino, con riscritture continue, fatte a mano, su post it appiccicati alle versioni precedenti, in un clima concitato e confuso in cui i democratici hanno chiesto invano qualche giorno di tempo per poter leggere le 500 pagine della legge; il senatore democratico del New Jersey, Cory Booker, a mezzanotte ha aperto una diretta video su Facebook per leggere la proposta, ma prima che potesse finire, la riforma era passata per 51 a 49.

Tra i repubblicani solo il senatore Bob Corker del Tennessee, preoccupato per l’aumento dei deficit causati dagli sgravi, ha votato contro; a favore hanno votato la “colomba” John McCain, Lisa Murkowsky dell’Alaska, nonostante la riforma apra alle trivellazioni petrolifere nel parco nazionale del suo Stato, a cui lei si era sempre opposta, Susan Collins, del Maine, che si è accontentata d’una temporanea deduzione per le spese mediche gravi e di una vaga promessa di sostegno all’assistenza medica in un indeterminato futuro.

CIÒ CHE È PARSO CHIARO è stato il bisogno dei repubblicani di portare a casa un risultato qualunque e questa votazione con metodi da macelleria ha evidenziato la vera natura del partito ormai a brandelli: è paradossale che un argomento così squisitamente di destra come la riforma fiscale abbia diviso i repubblicani, che si sono letteralmente scannati su questo tema portandoli a produrre una legge terribile dove non si capisce come si ripagheranno tutti questi tagli fiscali.

QUELLO CHE HA EVIDENZIATO su Twitter il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, oltre ai contenuti della riforma che ha smontato nei dettagli, è il meta dato della caduta etica verticale del Gop, che, proprio nello stesso giorno in cui, grazie all’ammissione di colpevolezza sul Russiagate dell’ex capo dalla sicurezza nazionale Mike Flynn, si è saputo che «de facto il presidente Usa è un agente straniero, questo congresso corrotto non lo ritiene responsabile», si stringe attorno a Trump ed è pronto ad accettare di tutto, a svendere i propri cittadini e ogni principio, pur di salvarsi.