Intervenendo ieri al Senato nei lavori di apertura della conferenza Italia-Africa la vicesegretaria generale dell’Onu Amina Mohammed ha ricordato come i leader mondiali abbiano quantificato in 500 miliardi di dollari l’anno la somma necessaria per favorire lo sviluppo del continente africano. L’Unione europea ha invece appena firmato con la Banca africana di sviluppo un accordo per investimenti – la maggior parte dei quali a fondo perduto – per un valore di 150 miliardi di euro. Entro la fine di febbraio, inoltre, sempre l’Ue siglerà un accordo con l’Egitto che prevede investimenti per 9 miliardi di euro nei prossimi anni per il solo paese nordafricano. A fronte di queste cifre i 5,5 miliardi di euro (3 dei quali prelevati dal Fondo per il clima più altri 2,5 da quello per la cooperazione e lo sviluppo) annunciati ieri da Giorgia Meloni per il lancio del Piano Mattei appaiono a dir poco insufficienti, anche se la premier conta sul contributo fondamentale che in futuro potrebbe arrivare da Unione europea e Stati uniti.

Insomma seppure lanciato in grande stile con 25 capi di Stato e di governo africani arrivati a Roma per l’occasione insieme ai vertici Ue e dei principali organismi internazionali, c’è il rischio concreto che il Piano Mattei, annunciato dalla premier fin dal giorno del suo arrivo a Palazzo Chigi, resti per l’appunto solo un annuncio. Va detto che l’accoglienza non è stata delle più calorose. La Nigeria, che con i suoi 210 milioni di abitanti è la nazione africana più popolosa, ha disertato l’appuntamento e così gran parte dei principali paesi dai quali partono i migranti che ogni anno arrivano sulle coste italiane. Ma a gelare l’atmosfera ci ha pensato soprattutto il presidente della Commissione dell’Unione africana Moussa Faki: «L’Africa è pronta a discutere i contenuti e le modalità di attuazione del Piano Mattei, sul quale avremmo auspicato essere consultati», ha detto intervenendo nell’aula del Senato. Insomma, si parla del futuro degli africani senza sentire cosa pensano gli africani. Non contento, Faki ha poi chiesto di passare dalle parole ai fatti: «Capirete bene che non ci possiamo più accontentare di semplici promesse che spesso non sono mantenute». I leader occidentali sono avvisati, tanto che a sera, una volta chiusi i lavori della conferenza, Meloni sente il bisogno di rispondere al presidente della Commissione Ua. Il Piano mattei. dice, «può essere sembrata una cosa chiusa ma non lo è, e il vertice Italia-Africa era fondamentale per condividere strategia e definizione finale dei progetti».

Per il resto tutto come da copione a partire dall’area intorno al Senato trasformata in zona rossa e quindi inaccessibile. Di migranti e di come fare per impedire che continuino a partire diretti in Italia, uno degli obiettivi che secondo Meloni dovrebbe conseguire il Piano Mattei, in realtà si è parlato poco. Il Piano prevede invece investimenti su istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia, settori che la premier definisce «strategici». «Occorre dire basta alla logica delle risorse spese in miriadi di interventi che non producono risultati significativi» spiega. Si partirà con una serie di progetti pilota in una decina di paesi, tra i quali la Tunisia dove è previsto un progetto per potenziare la depurazione delle acque utili a irrigare ottomila ettari e dare vita a un centro di formazione nel settore agroalimentare. O la Costa d’Avorio, dove si dovrebbe migliorare le possibilità di accesso alle cure con un’attenzione particolare a bambini, mamme e persone fragili.

Ma è anche, se non sopratutto, sull’energia che si guarda a palazzo Chigi. «L’interesse che persegue l’Italia – spiega infatti Meloni – è aiutare le nazioni africane interessate a produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e a esportare in Europa la parte in eccesso». Con l’obiettivo dichiarato di trasformare l’Italia «in un hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa».