Il leader del Partito dei lavoratori (PT), Luis Inácio Lula da Silva, ha vinto le elezioni presidenziali brasiliane nel combattuto ballottaggio di ieri in Brasile, con il 50,9% dei voti – meno dell’1% in più del suo avversario, di estrema destra, Jair Bolsonaro, che ha raggiunto il 49,1%. La distanza tra i due candidati è la più esigua della storia della democrazia brasiliana: 2,1 milioni di voti. Le astensioni sono arrivate a 20,57%, fa sapere il Tribunale Supremo Elettorale (TSE). 

La scelta finale degli elettori pone fine così a una campagna elettorale caratterizzata da un grado di violenza, disinformazione e polarizzazione senza precedenti. Dopo 12 anni, Lula tornerà al potere per il suo terzo mandato, un fatto inedito nel Brasile. Questa è anche la prima volta, dall’impeachment di Fernando Collor di Mello, nel 1992, che un capo di Stato non è riuscito a farsi rieleggere per un secondo mandato.

 

L’Avenida Paulista in festa nella notte a San Paolo (Ap)

 

Il risultato conferma le aspettative dei principali sondaggi e conferma la preferenza della popolazione per l’ex presidente che al primo turno, il 2 ottobre scorso, aveva totalizzato 57,2 milioni di voti (48,4%), contro i 51 milioni (43,2%) di Bolsonaro. 

Nonostante il tentativo, da parte del governo, di impedire la libera circolazione degli elettori nelle zone in cui Lula era favorito. Nella giornata di ieri, la Polizia Stradale Federale (PRF) ha realizzato circa 600 operazioni non autorizzate dalla legislazione elettorale sui mezzi pubblici e ciò ha provocato una serie di ritardi. Secondo O Globo, le operazioni sono state richieste dal presidente direttamente al Ministero della Giustizia, al quale è subordinata la PRF, e sarebbero state interrotte solo dopo intervento del TSE, che ha chiesto spiegazioni sul caso.

Dopo essere stato costretto a saltare le presidenziali del 2018 perché in carcere, stavolta Lula è stato identificato come l’unico capace di battere il bolsonarismo, un fenomeno che negli ultimi quattro anni ha messo profonde radici in Brasile. In questo sforzo, al fianco di Lula si è formata una inedita coalizione delle forze di sinistra allargata ai suoi ex oppositori del PSDB, con la scelta come vice presidente di Geraldo Alckmin, uno dei fondatori del partito di centro-destra che è stato per decenni l’avversario principale del PT.

Nel suo primo discorso a São Paulo dopo la pubblicazione del risultato, Lula ha espresso la volontà di ristabilire la pace tra i sostenitori di  “due progetti opposti”, facendosene garante: “Questa non è una vittoria per me o per il PT – ha detto – ma per un immenso movimento democratico”.

L’anti-bolsonarismo rappresentato dalla coalizione di Lula è riuscito ad attrarre anche parte del voto storicamente anti-PT, proponendosi come forma di resistenza all’autoritarismo, al negazionismo scientifico, all’oscurantismo nel campo delle idee, all’arretramento nei diritti sociali e umani, alla deforestazione dell’Amazzonia e ai costanti attacchi alla democrazia e alle istituzioni che hanno segnato la gestione di Jair Bolsonaro.

In questo senso è maturato il sostegno di numerosi personaggi pubblici come Simone Tebet (senatrice e candidata del MDB, di centro, risultata al 3º posto nel primo turno), l’ex presidente di destra Fernando Henrique Cardoso e Ciro Gomes (centro-sinistra), già candidato alle presidenziali 2022 arrivato 4º al primo turno. Oltre a quello di grandi imprenditori, artisti, personaggi mediatici e perfino apprezzati giornalisti che non avevano mai dichiarato il loro voto pubblicamente prima d’ora, come la conduttrice televisiva Fátima Bernardes. 

Ieri la giornata elettorale comprendeva anche i ballottaggi per 12 governi regionali. Lula avrà alleati in 11 stati federali, ma dovrà confrontarsi con governatori dell’opposizione in 1altri 4, soprattutto nel sud-est, nel sud e nel centro-ovest del Paese. Nella sfida per il governo dello stato di San Paolo, Fernando Haddad (PT), candidato presidenziale del PT sconfitto nel 2018, ha perso contro Tarcísio de Freitas (Republicanos), ministro delle Infrastrutture durante il governo Bolsonaro, che ha ottenuto il 55% dei voti.

 

 

Lula, con il suo vice designato Geraldo Alckimn alla sua sinistra, nella prima apparizione pubblica a San Paolo dopo i risultati (Ap)

Chi è Lula

Originario dello stato nordestino del Pernambuco, Luis Inácio Lula da Silva, 77 anni, ha cominciato la sua traiettoria politica come militante dei movimenti sindacali negli anni ‘70. Nel 1980, ha contribuito a fondare il Partido dos Trabalhadores (PT) ed è stato candidato alla presidenza nel 1989, 1994, 1998 e 2002, quando, finalmente, è risultato vincitore contro José Serra (PSDB), candidato del centro-destra.

Alla sua gestione viene riconosciuto il merito di avere portato il Brasile in una fase di importante sviluppo economico e sociale. Nei suoi otto anni di governo ha varato politiche di successo come il programma Fome Zero, che ha fatto uscire dal Brasile dalla Mappa della Fame delle Nazioni Unite, e il Bolsa Família, che ha sottratto 36 milioni di persone alla condizione di povertà estrema. Nel 2011, quando è terminato il suo secondo mandato, gli veniva accreditato l’80% di gradimento. malgrado il cosiddettolo scandalo del Mensalão, emerso nel 2005, uno schema in cui i parlamentari ricevevano tangenti per garantire il sostegno a progetti di interesse governativo, che ha coinvolto la maggior parte dei grandi partiti politici all’epoca. Un caso che, insieme ad altri illeciti, ha contribuito a favorire e ad alimentare l’“antipetismo”.

Dilma Rousseff (PT), all’epoca Ministro Capo della Casa Civile,  che subentrò a Lula,  è stata rieletta presidente nel 2014 per poi essere messa fuori gioco nel 2016, al termine di una discussa procedura di impeachment.

Lula è stato arrestato nel 2017 per corruzione e riciclaggio ed è rimasto in cella per 19 mesi. Alla fine del 2019, il Supremo Tribunale Federale ha ritenuto Sergio Moro, il giudice responsabile del caso, colpevole di comportamento parziale. Inoltre ha deciso che le azioni riguardanti Lula si sarebbero dovute giudicare a Brasília, anziché a Curitiba. Pertanto le condanne contro l’ex presidente sono state annullate, consentendogli di candidarsi quest’anno.