Oltre 85mila persone sono fuggite in Ciad dalle regioni settentrionali del Camerun nelle ultime due settimane, dopo le violenze che hanno causato almeno 35 morti. Altre 15 mila persone sono in fuga nella regione centrale del paese. Le violenze sono «scoppiate in una disputa per l’accesso all’acqua tra pastori, pescatori e agricoltori» ha dichiarato in una nota ufficiale l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr).

Accade a Logone-Chari, regione dell’estremo nord del Camerun (una lingua di terra che si trova tra la Nigeria a ovest e il Ciad a est) «con almeno 35 persone uccise e altre 40 gravemente ferite – secondo il report delle autorità camerunensi – negli scontri tra la comunità Mousgoum e gli allevatori di etnia araba Choa».

LA CITTÀ DI KOUSSERI, a ridosso del confine ciadiano, è stata occupata martedì dall’esercito per ristabilire l’ordine, mentre le persone rimaste in città «hanno problemi nel reperire beni di prima necessità e le tracce delle violenze sono ancora visibili», come riporta la stampa locale.
Il progressivo stato di siccità e gli scontri per le risorse idriche sono un problema che sta rapidamente peggiorando in tutto il Sahel. Criticità evidenziata al recente Cop26 di Glasgow da parte della delegazione africana.

I funzionari dell’Unhcr hanno descritto i combattimenti come «il peggior caso di violenza etnica degli ultimi anni», ancora più gravi dei tafferugli scoppiati lo scorso agosto con altre 15 vittime. «I rifugiati in Ciad sono per la maggior parte bambini e il 98% degli adulti sono donne – secondo il portavoce dell’Unhcr, Matthew Saltmarsh – senza tende, cibo e assistenza in una situazione insostenibile».

Anche il leader del governo militare del Ciad, Mahamat Idriss Deby Itno, ha invitato la comunità internazionale a «intervenire perché il paese non riesce a sostenere un afflusso di profughi così elevato in pochi giorni».

DURISSIME LE CRITICHE da parte delle opposizioni camerunesi che accusano «un governo assente e incapace di applicare le norme riguardo alle controversie agro-pastorali, che avrebbero evitato lo scoppio di questa tragedia», come ha dichiarato Maurice Kamto, leader del Movimento per la rinascita del Camerun (Mrc), principale partito di opposizione.

La violenza etnica complica ulteriormente la situazione relativa alla sicurezza in un paese interessato nella zona del lago Ciad dai continui attacchi dei due gruppi jihadisti di Boko Haram e dello Stato Islamico dell’Africa occidentale (Iswap) e nelle regioni anglofone (nord-ovest) dalla lotta dei separatisti armati che combattono per la nascita dell’«Ambazonia» indipendente. Un conflitto che, secondo l’Onu, ha causato 700mila profughi e 4mila morti negli ultimi 4 anni, con violenze commesse da entrambe le parti.

Un recente rapporto dell’International Crisis Group (Icg) analizza «la difficile situazione» del Paese e «l’incapacità nel riuscire a trovare soluzioni efficaci» da parte del governo di Paul Biya, presidente al potere dal 1982.

TRA MILLE POLEMICHE legate allo stato dei lavori e alle condizioni di sicurezza, dopo l’ascesa della variante Omicron nel continente africano, il Camerun tra l’altro si appresta a ospitare la Coppa delle nazioni africane (Can 2021) dal prossimo 9 gennaio al 6 febbraio. A preoccupare i club calcistici europei, più che i conflitti in corso è proprio la sicurezza sanitaria dei propri giocatori impegnati con le rispettive nazionali. Per questo ieri sono state svelate le linee guida del protocollo sanitario durante il torneo. Talmente sicuro, secondo il segretario generale della Caf Véron Mosengo-Omba, che «la Fifa sarà piuttosto costretta a sanzionare i club che si rifiuteranno di liberare i propri giocatori senza valida motivazione».

Errata Corrige

In fuga dal nord del Paese dopo i gravi scontri intercomunitari causati dalla siccità. Tanti i bambini. E il 98% degli adulti sono donne. Accade nel regno dell’eterno presidente Biya, che si appresta a ospitare tra mille polemiche la Coppa d’Africa di calcio