Se per salvare il clima decine di migliaia di studenti si mobilitano in Belgio, Germania, Svizzera e altri paesi, è probabile che i giovani saranno al centro della Marcia globale prevista il 15 marzo in quaranta paesi del mondo per chiedere un vero cambiamento nelle politiche ambientali.

Ha evidentemente fatto scuola la studentessa svedese Greta Thunberg, che un venerdì dello scorso agosto iniziò a manifestare per il clima davanti alla sede del Parlamento con il cartello «sciopero della scuola per il clima». In settembre sul suo profilo twitter (dove si definisce «attivista per il clima, sedicenne con sindrome di Asperger») lanciò un appello intitolato FridaysForFuture (i venerdì per il futuro). In seguito è diventata un’icona mondiale, anche grazie ai social media e alla sua capacità di distinguere nettamente fra bianco e nero, mentre le organizzazioni ambientaliste sono obbligate a occuparsi dei problemi in modo complesso.

Greta ha parlato in plenaria alla Conferenza dell’Onu sul clima a Katowce (Polonia), nel dicembre 2018, tirando le orecchie ai leader mondiali, chiedendo di «lasciare i combustibili fossili sottoterra» e «mettere al centro l’equità». Qualche giorno fa è arrivata, dopo un lungo viaggio in treno (l’aereo è di gran lunga più pesante in termini di emissioni di gas serra), al forum economico mondiale di Davos. Il Gotha politico ed economico del mondo ha ascoltato con attenzione il suo duro messaggio: «Qui a Davos parlate di storie di successo, ma il successo finanziario ha avuto un prezzo molto alto», «voglio che andiate nel panico, che sentiate la paura che sento io ogni giorno» e «occorre agire come se la casa stesse andando a fuoco perché così è». Il Forum, del resto, cerca la quadratura del cerchio: crescita economica e compatibilità ambientale.

Ma oltre che alle orecchie dei potenti, le parole di Greta sono arrivate a giovani, adolescenti e adulti che da qualche tempo, in piccoli o grandi gruppi, hanno cominciato a darsi appuntamento il venerdì nelle strade o davanti a palazzi istituzionali per protestare contro la mancanza di azione rispetto al cambiamento climatico. Li guidano e li radunano gli immancabili hashtag: su #SchoolStrike4Climate, la stessa Greta informa sui 30.000 studenti in sciopero in Belgio; mentre Flossie dall’Irlanda spiega che il 15 febbraio tutta la sua scuola e altre saranno in sciopero («Siamo un piccolo paese ma teniamo all’ambiente»). Da Zeist nei Paesi bassi si invitano gli studenti al ventunesimo sciopero scolastico. A Exeter (Regno Unito) lo sciopero sarà il 15 febbraio: «Se migliaia di ragazzi diventeranno milioni, tutti capiranno le conseguenze della crisi climatica e la trasformazione della società umana sarà radicale».

Anche l’Italia si muove. Da alcune settimane ragazze e ragazzi, ma anche cittadine e cittadini, senza bandiere di partito, si ritrovano in varie città ogni venerdì, guidati dagli hashtag #FridaysForFuture e #ClimateStrike – dal momento che gli appuntamenti corrono soprattutto sui social. Oggi in particolare si tengono sit-in a Pisa, Milano, Roma, Brescia, Bologna, Venezia, Roma, Torino, Genova, Taranto.

Non è che l’inizio. La strada non sarà facile. Due tweet di Greta in rapida successione sono eloquenti. Il primo spiega che, secondo un sondaggio, ben il 61% delle persone in Germania sostiene FridayForFuture e SchoolStrike4Climate. Il secondo si rammarica: in Germania la cosiddetta Commissione per il carbone (Commissione tedesca sulla crescita, il cambiamento strutturale e il lavoro) sostiene che la Germania potrà continuare a bruciare carbone fino al 2038.