C’è un’Italia che ancor prima di cominciare le Olimpiadi «ha già vinto la sua medaglia d’oro», come annunciava ieri l’Adnkronos. Sembrerebbe la tipica battuta a uso e consumo di Matteo Renzi, ma contiene un fondo di verità: la notizia si riferisce al fatto che ben il il 95% dei 130 atleti provenienti da 55 paesi impegnati nella gara di tiro a volo utilizzeranno fucili made in Italy e l’80% si servirà anche di munizioni prodotte in Italia. Quindi le probabilità che sul podio finiscano tre atleti equipaggiati in tal guisa – come è accaduto nelle tre precedenti edizioni dei Giochi – sono davvero alte. Che letizia, se fosse un esempio di riconversione virtuosa per un’industria altrimenti associata alla morte e a Donald Trump. Prima di sventolare la bandierina, però, temiamo sia lecito chiedersi dov’è che matura il resto del fatturato.

Sia detto senza ironia, perché morire di piombo nelle favelas di una megalopoli altrimenti maravilhosa è purtroppo scottante quotidianità, ma il premier italiano ci ha tenuto comunque a spararne qualcuna delle sue, a Rio. Forte di una fondale all’altezza, cioè senza pari, ai piedi del monumento più celebre della città. Il Cristo Redentor è stato mascherato per l’occasione da Cristo Tricolor e così conciato è stato fatto salire sul carro di un carnaval tipicamente italiano. Al megaspot della notte scorsa, sponsor ufficiale il signor Tronchecci Provera, il discorso di Renzi si può riassumere in «Viva il Brasile, Viva l’Italia, Viva Rio 2016». E viva Pirelli. Il compito ingrato di ritirare fuori la storiella di Roma 2024 e della «serietà della candidatura italiana» è poi toccato al sempre più fedelissimo presidente del Coni Giovanni Malagò. Che a questo punto avrebbe più chance di vincere l’oro nei 110 metri a ostacoli. L’ultimo in ordine di tempo, sulla strada che porta al sogno olimpico italiano, si è palesato giusto ieri quando ItaliaNostra ha ritirato il suo «sì». Ma molti membri del Comitato olimpico internazionale lo hanno già detto a chiare lettere, dopo l’impatto contundente con Rio 2016: «Mai più Giochi olimpici in paesi problematici».