Aghaz-e yek payan! «L’inizio della fine» è lo slogan di oggi per chiamare a raccolta i dimostranti. Nonostante il blocco di Instagram e WhatsApp e nonostante la repressione, si prevedono manifestazioni in tutto l’Iran. A differenza delle proteste del 2009 e del 2019, in cui la gente scendeva nelle strade principali ed era facile vittima delle forze dell’ordine, in questa quinta settimana i giovani e il resto della popolazione sono incoraggiati a manifestare laddove non ci sono soldati e pasdaran. Secondo la OngIran Human Rights di Oslo, sono almeno 108 le persone uccise dal 16 settembre. Per Amnesty International, sono almeno 23 le vittime tra i minori (11-17 anni). I media della Repubblica islamica riportano almeno 20 membri delle forze dell’ordine morti durante le proteste, di cui due uccisi con colpi d’armi da fuoco nella provincia del Fars.

La sera, nelle città dell’Iran la gente continua a urlare dai tetti. Sempre più forte. La violenza di regime aumenta e, di pari passo, la Repubblica islamica perde legittimità. Sta provocando un’ondata di accese polemiche sui social network il video – riportato dalla BbcPersian – che ritrae alcuni esponenti delle forze antisommossa che cercano di arrestare una manifestante. In pieno giorno, la aggrediscono sessualmente. Il centro informazioni del quartiere generale della polizia di Teheran accusa questa giovane donna di essere tra gli istigatori dei disordini in Piazza Argentina nella capitale iraniana. Una spiegazione – della polizia – che vale come una conferma: il video è originale.

Invano, i pasdaran cercano di convincere le donne che il velo – obbligatorio in Iran dal 1979 – viene indossato dalle protagoniste femminili del mondo della cultura e dello sport. Da donne del calibro della matematica Maryam Mirzakhani (vincitrice della prestigiosa medaglia Fields) e della poetessa Parvin Ehtesami. Questa volta la manipolazione non funziona. Ieri mattina non c’era più il cartellone in piazza Vali Asr, nel centro di Teheran, prodotto dall’organizzazione pro-governativa Owj Arts and Media. I pasdaran sono stati costretti a toglierlo. Era un puzzle di una cinquantina di iraniane, con il velo. Sotto, la scritta “Donne della mia terra”. Apparso giovedì mattina, doveva servire a sostegno dell’obbligo del foulard ma, nel giro di poche ore, alcune donne ritratte si sono scatenate sui social, opponendosi all’uso improprio della loro immagine.

LA PRIMA A PROTESTARE è stata la famosa attrice Fatemeh Motamed-Arya. In un video diventato virale sui social, in lacrime e senza il velo in quella che sembra piazza Vali Asr, ha detto: «In un Paese che nelle proprie piazze uccide ragazzi, ragazzine e giovani che chiedono solo libertà, non voglio essere considerata una donna».

«Io sono la madre di Mahsa, sono la madre di Sarina. Sono la madre di tutti i giovani uccisi in questo Paese. Io sono la madre dell’Iran intero, non una donna nella terra degli assassini», ha aggiunto, riferendosi a Mahsa Amini, la ventiduenne curda la cui morte dopo essere stata arrestata dalla polizia morale ha scatenato proteste, e Sarina Esmaeilzadeh, 16 anni, che secondo Amnesty International è stata uccisa dalle forze di sicurezza durante una protesta. Poco dopo la pubblicazione del video, anche la regista Marzieh Boroumand e l’alpinista Parvaneh Kazemi hanno denunciato l’uso della loro immagine sul cartellone.

Tra gli intellettuali nell’occhio del ciclone, il regista Mani Haghighi ha diffuso sui social un video spiegando che non potrà partecipare al Bfi London Film Festival per presentare lì la prima britannica del suo ultimo film, Subtraction, perché gli è stato confiscato il passaporto in aeroporto mentre stava per salire a bordo dell’aereo.

INTANTO, LA LEADERSHIP iraniana continua ad accusare l’Occidente di ingerenza e critica il presidente francese Emmanuel Macron che ha espresso la propria «ammirazione per le donne e i giovani che protestano» e detto che «la Francia condanna la repressione portata avanti dal regime iraniano». Per il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, le dichiarazioni di Macron rappresentano una «ingerenza» e sono servite a incoraggiare «persone violente e delinquenti».