È il giorno degli F-16 in Ucraina. La notizia anticipata mercoledì dall’agenzia Usa Bloomberg è stata confermata ieri dal ministro degli esteri lituano Gabrielus Landsbergis. «Un’altra cosa impossibile si è rivelata totalmente possibile» ha scritto Landsbergis su X riassumendo così il lunghissimo percorso che ha portato i jet della Nato (di fabbricazione Usa) ad atterrare in Ucraina. Secondo il quotidiano britannico Telegraph gli F-16 sarebbero già stati utilizzati in una prima missione di «difesa aerea».

Per ora Kiev non ha rilasciato commenti ufficiali, forse per evitare di allettare troppo l’artiglieria russa: ora i jet non sono in numero sufficiente per impensierire il nemico. Ciò che è certo è che una parte dei piloti dell’aviazione ucraina addestrati nei Paesi occidentali sono stati giudicati idonei a volare su un mezzo da 20 milioni di dollari in un contesto di schiacciante superiorità aerea nemica. Le remore di alcuni ufficiali della Raf britannica e degli Usa sono state messe in secondo piano e alla fine un anno e mezzo di addestramento è bastato, invece dei 3 (almeno) di prassi. Per ora sembra che il motivo principale del ritardo nella fornitura degli F-16 sia la scarsità di piloti. Tuttavia, anche gli armamenti con cui questi jet verranno equipaggiati saranno un problema non da poco: nessuno degli alleati di Kiev, per ora, l’ha autorizzata a colpire obiettivi oltre le zone limitrofe alla frontiera pre-bellica.

Stando alle dichiarazioni degli alleati risulta che all’Ucraina saranno forniti in tutto circa 60 F-16. Per Zelensky, tuttavia, ne servirebbero almeno il doppio per «neutralizzare la potenza aerea russa», che conta oltre 500 velivoli. «Questi aerei appariranno, il loro numero diminuirà gradualmente, verranno abbattuti, distrutti. Ma queste forniture non influenzeranno significativamente la dinamica degli eventi al fronte», ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.