In Marocco il coronavirus ha registrato fino ad oggi 1.184 positivi e 90 decessi: la regione più colpita è quella di Casablanca-Settat. Il paese è il quarto per contagi nel continente africano dietro Sudafrica, Algeria ed Egitto. Le autorità marocchine hanno dichiarato lo «stato di emergenza sanitaria» il 20 marzo, i casi erano 83, cercando di limitare il contagio: solo spostamenti necessari, scuole e moschee chiuse.

Pene severe per chiunque violi le restrizioni, da sanzioni economiche ad arresti con detenzioni da uno a tre mesi di carcere. Misure preventive complici di una chiara consapevolezza da parte del governo: la totale impreparazione del sistema sanitario.

Il paese, secondo l’Haut Commissariat au Plan, la principale fonte di statistiche e analisi, stima in 1.642 i posti disponibili di terapia intensiva tra sanità pubblica e privata su una popolazione di 35 milioni di abitanti.

La prevenzione diventa così per il Marocco e per il suo re l’unico strumento per combattere il virus. Tra le precauzioni anche misure per i detenuti: «Nel contesto della costante attenzione prestata dal re ai detenuti negli istituti penitenziari e di riabilitazione, è stata concessa la grazia reale a beneficio di 5.654 detenuti».

Il provvedimento che servirebbe a prevenire la diffusione del Covid-19 nelle carceri elenca anche i criteri «strettamente oggettivi» nella selezione dei beneficiari: età, stato di salute e durata della loro detenzione, nonché buona condotta durante la loro detenzione.

«Da quando è stata annunciata la liberazione di 5.654 prigionieri abbiamo sperato che, grazie alle molte pressioni delle associazioni in difesa dei diritti umani, fossero inclusi anche i prigionieri politici», ammette Said Kaddouri, membro del movimento popolare Hirak Rif e dell’associazione per i diritti umani Amdh (Moroccan Association for Human Rights).

Tra i graziati anche assassini, ma nessun oppositore: nessuna prevenzione per un nemico che neanche in tempi di epidemia può essere sottovalutato.

«Capire quanti possano essere tutti gli oppositori politici in carcere adesso in Marocco è difficile, ma quelli del mio movimento sono 53». Il movimento popolare Hirak Rif è nato in seguito alla morte del pescivendolo Mohucine Fikri nel 2016, in una regione, quella del Rif nel nord, che non conosce uguaglianza sociale e sviluppo.

«In Marocco – prosegue Said– si continuano a trattare gli oppositori politici come dei nemici, anche quando chiedono accesso alla sanità e diritto all’istruzione come nel nostro caso. Dalla repressione violenta del movimento, il paese è caduto in un vortice di violazioni di diritti umani e tensioni. Per ripulire la sua immagine e sanare i rapporti l’inizio deve essere il rilascio dei prigionieri politici e dei giornalisti che ora sono in carcere».

Anche a fronte della grazia appena concessa la situazione di sovraffollamento nelle carceri non scongiura il rischio di una diffusione rapida del Covid-19. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Observatoire Marocain des Prisons (Omp), 12 delle 15 carceri in Marocco superano la loro capacità massima di ospitare detenuti: la struttura di Al Arjat a pochi chilometri da Rabat, ospita più del doppio delle persone che sarebbe in grado di contenere.

Il rapporto denuncia inoltre la mancanza dello spazio vitale pro capite nelle celle: meno di due metri quadrati a disposizione, quando il minimo consentito dalla legislazione internazionale è di tre.