L’ex ministro dell’economia, Alejandro Gil, destituito dalle sue funzioni lo scorso 2 febbraio, «è sotto inchiesta per gravi errori commessi nello svolgimento delle sue funzioni». Il comunicato firmato dal presidente Miguel Díaz- Canel, letto con enfasi nel telegiornale di giovedì sera, afferma che le accuse sono state formulate dopo «una rigorosa e esaustiva indagine».

Venerdì lo stesso Gil ha ammesso «gravi colpe» e ha fatto sapere di aver rinunciato alla sua carica nell’Ufficio politburo del Partito comunista. Si è saputo che agenti della sicurezza del ministero degli Interni avevano perquisito la casa dell’ex ministro, il quale era probabilmente già agli arresti.

Gil è stato accusato di essere «un corrotto, simulatore, e insensibile» alle sofferenze del popolo cubano. La direzione del Pc ha messo in chiaro che «il nostro partito mai ha permesso, né permetterà mai, la proliferazione della corruzione, la simulazione, la insensibilità». Di fatto formulando la condanna dell’ex ministro.

La sequenza dei fatti ha scosso un paese già sottoposto a una pesante crisi economica, mentre, dal primo marzo, è iniziata l’applicazione delle misure annunciate lo scorso dicembre dal premier Marrero per «correggere le distorsioni e per dare nuovo impulso all’economia» del paese. In sostanza si tratta di un gruppo di misure volte a «stabilizzare la macroeconomia» che comportano un pesante aumento –fino al 500%- del combustibile e del 25% delle bollette della luce «per i grandi consumatori» e di altri servizi. Contemporaneamente il governo è impegnato a individuare le persone e i gruppi familiari «in situazione di vulnerabilità» (leggi povertà) ai quali verranno assicurati nuovi sussidi.

Si tratta di misure –molto criticate anche da economisti non dell’opposizione- che dimostrano il fallimento delle politiche economiche dell’ex ministro Gil, che nell’isola è altrettanto impopolare della perdita di valore della moneta cubana che causa la «vulnerabilità» di settori della popolazione . Detto questo, il fatto che Gil in meno di un mese sia passato dalla carica del ministro più legato al presidente, a silurato e infine a «delinquente» dichiarato, non può che confermare le divergenze interne al vertice del partito-governo-stato.

Un mese fa, annunciando che Gil veniva «liberato» dal suo incarico, il presidente lo aveva ringraziato per il suo lavoro e aveva annunciato che sarebbe stato trasferito ad altri incarichi. Era dunque all’oscuro che i servizi di sicurezza già lo avevano messo sotto inchiesta? E dunque l’incriminazione del ministro che Díaz-Canel aveva voluto nella sua squadra al momento della sua nomina a presidente cinque anni fa è un colpo contro la credibilità, e dunque il potere, del presidente?

L’opposizione anticastrista , dalle sue roccaforti a Miami e a Madrid, ha risposto a queste domande affermando che «Gil è un capro espiatorio» da colpire al posto di Díaz-Canel «protetto» direttamente dal comandante della rivoluzione Raúl Castro, in quanto mediatore tra cosiddetti riformatori e conservatori. Il sostegno a Díaz-Canel della più carismatica figura politica dell’isola è stato sempre ribadito nei momenti più critici. E anche in questa circostanza, Raúl intervenendo venerdì al Congresso della Federazione delle donne cubane, presieduto dal presidente della repubblica, ha riaffermato il suo sostegno a Díaz-Canel.

Da anni gli anticastristi sono come una jena che aspetta di nutrirsi del «cadavere del governo socialista». Dalla pandemia l’offensiva mediatica della contra in rete è massiccia e distilla a profusione il veleno delle notizie fake. In questo caso, oppositori come Manuel Cuesta Morúa, affermano che il colpo inferto a Díaz-Canel proverrebbe da non meglio definiti «ambienti militari». I quali, si evince, sarebbero disposti a un dialogo con gli Usa (da cui verrebbero informazioni per accusare Gil).

E’ difficile, almeno a chi scrive, sapere quali sono i rapporti di forza all’interno del vertice di potere a Cuba. Ma l’incriminazione di Gil è un segnale che i prossimi mesi saranno cruciali. E che la sorte del presidente- ma anche del paese- è legata alla capacità del governo di «stabilizzare la macroeconomia» e assicurare alla popolazione uno standard di vita a misura del «socialismo prospero e sostenibile» annunciato anni fa dello stesso Raúl Castro.