Sono (quasi) sempre stata fedele al Manifesto, anche quando il giornale titolò «Il pastore tedesco» per l’inattesa nomina a papa del cardinal Ratzinger. Perché condivisi subito il senso della frase: un cane da guardia, come infatti era stato, in qualità di prefetto dell’ortodossia, a cominciare dalla repressione della teologia della liberazione. Non essendo credente, né vaticanista, non ebbi più occasione di riflettere sul personaggio. E però, per puro caso, mi capitò anni dopo di incrociare un suo scritto che mi indusse a mitigare il giudizio. Accadde quando la mia editrice Ginevra Bompiani (Nottetempo) decise di pubblicare un libro il cui...