Sono (quasi) sempre stata fedele al Manifesto, anche quando il giornale titolò «Il pastore tedesco» per l’inattesa nomina a papa del cardinal Ratzinger. Perché condivisi subito il senso della frase: un cane da guardia, come infatti era stato, in qualità di prefetto dell’ortodossia, a cominciare dalla repressione della teologia della liberazione.

Non essendo credente, né vaticanista, non ebbi più occasione di riflettere sul personaggio. E però, per puro caso, mi capitò anni dopo di incrociare un suo scritto che mi indusse a mitigare il giudizio. Accadde quando la mia editrice Ginevra Bompiani (Nottetempo) decise di pubblicare un libro il cui titolo fu: ”Lezioni d’amore”. Ad ognuno dei dieci personaggi assai diversi fra loro il compito di illustrare una delle parole che con l’argomento sono collegate: gelosia, tradimento, desiderio, seduzione…A me toccò «passione».

CONFESSO CHE NON SAPEVO bene come adempiere al compito che mi era stato assegnato e così cominciai a vagare col pensiero e, come si fa oggi quando non si sa come fare, mettendomi a gironzolare per la rete in cerca di uno spunto. Che trovai inaspettatamente in un sito del Vaticano. Si trattava di un’Enciclica, la prima del nuovo papa e nientemeno che sull’amore.(del 25 dicembre 2005).

Trovai del tutto inatteso il modo come il pontefice vi aveva affrontato lo spinoso argomento, e fui anche subito incuriosita di capire come quando e dove un prelato così importante poteva aver acquisito la saggezza con cui lo trattava. Proprio lui, un rigido tedesco, non uno un po’ chiacchierone come il suo predecessore polacco, Wojtyla.

FUI COSÌ INTERESSATA che cominciai il mio scritto sulla passione iniziando proprio a raccontare questa enciclica. E ora, in occasione del suo funerale, mi è venuta voglia di condividerla con voi: è bella e anche ironica, una caratteristica del tutto inusuale per le encicliche. Al di là di un giudizio complessivo sul suo pontificato, le sue parole sull’eros mi offrirono un’immagine di Benedetto diversa da quella del pastore tedesco. Ritrovai del resto lo stesso mio stupore fra chi ne apprese grazie alla mia «lezione». Che peraltro fu non solo un pezzo del libro, ma anche recita a teatro: la prima, a Roma, al Tor di Nona, la seconda, invitati da Elisabetta Sgarbi, al suo prestigioso festival letterario: la“Milanesiana”. Dove ognuno di noi 10 autori lesse dal palcoscenico il testo della sua lezione. (Fu così che ebbi l’occasione di trovarmi a recitare a fianco nientemeno che di Franca Valeri, e addirittura su un’Eniclica papale ).

Ecco lo stralcio pontificale della mia lezione ,una breve sintesi di quanto in realtà contiene.( vi consiglio comunque di leggere il testo integrale. Ne vale la pena)

«LA PAROLA AMORE – premette Benedetto XVI – abbraccia un vasto campo semantico, l’amore per la patria, per gli amici, per il lavoro, per il prossimo, per Dio, per i figli e cosí via. E però in tutta questa molteplicità di significati l’amore tra uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente, funge da archetipo di amore per eccellenza al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono».E allora la domanda, sempre del papa: «Pur nella diversità, tutti questi tipi di amore rientrano nella categoria di amore o invece utilizziamo una medesima parola per indicare realtà totalmente diverse? » «I Greci – prosegue il papa – conoscevano l’eros. Poi sono venute la parola philia/amicizia e poi la parola agape. Il Nuovo Testamento dei tre tipi di amore assume solo agape non dice mai eros». Di qui la critica al cristianesimo, colpevole , di aver «dato il veleno all’eros» e di averlo trasformato in vizio.

«IL CRISTIANESIMO – prosegue Benedetto – dissero criticandolo gli illuministi, con tutti i suoi comandamenti e divieti ci rende amara la cosa piú bella della vita. Ma è davvero cosí? – si chiede il papa – «No! Il cristianesimo ha davvero distrutto l’eros? No. I greci, ma tutta la letteratura antica – vedi anche Virgilio – pensano all’eros come a una “pazzia divina” che strappa l’uomo alla sua limitatezza e gli fa sperimentare la piú alta beatitudine. Ma da questo assunto scivolano poi nell’accettazione, anzi nella promozione , della “prostituzione sacra“ che consente la “pazzia divina”. Ed è a questo che si oppone il cristianesimo: far passare per avvicinamento a Dio la c.d. “pazzia divina”, anche quando, per produrla, viene utilizzata la prostituzione». E cioè vivere un momento di eccitazione che non è più controllato dalla ragione, è anzi liberazione dal controllo, quello, insomma, che noi laici chiamiamo «godimento sessuale».

È così che, secondo Benedetto, prendendo le mosse da questo assunto, i greci finirono per accettare la promozione della «prostituzione sacra», come mezzo che consente la «pazzia divina»,un modo per mascherarne il ricorso. «Ed è a questa pazzia che la Chiesa si oppone, non all’eros. La Chiesa ha dichiarato guerra allo stravolgimento distruttore dell’eros, all’abuso delle prostitute». «Noi – dice Ratzinger – siamo per un eros che non dà il piacere di un istante ma un piacere maturo. Ma l’eros resta perché l’uomo è veramente umano solo se corpo e anima si ritrovano. L’uomo infatti non è né solo anima né solo corpo».

E POI RATZINGER DIVENTA spiritoso e racconta ironico dell’epicureo Gassendi che, scherzando, si rivolge a Cartesio e gli dice «ciao anima»; e quello risponde «ciao corpo».

Non proseguo con l’Enciclica perché è troppo lunga, ma ammetterete che al pastore tedesco queste parole non gliele avreste mai attribuite.

Alla fine, certo, nell’Enciclica si ritrova la famiglia monogamica, la procreazione obbligatoria, e cosí via. E però io credo che la conclusione non sia poi cosí errata quando Benedetto dice: «L’amore non è solo un sentimento che va e viene, il sentimento è solo la scintilla iniziale ma non la totalità dell’amore e della passione». Che è cosa ben più complessa e interessante.

Fine della lezione di religione.