L’ex nunzio apostolico del Vaticano negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, è stato scomunicato, cioè posto fuori dalla Chiesa cattolica romana. La sentenza, ampiamente prevista, è stata emessa dal Dicastero per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio) il 4 luglio, ieri è stata trasmessa a Viganò e resa pubblica dalla sala stampa della Santa sede.

L’EX NUNZIO VIENE scomunicato perché riconosciuto colpevole del «delitto di scisma», ovvero di essersi separato di fatto egli stesso dalla Chiesa di Roma, rifiutando di «riconoscere e sottomettersi» all’autorità del Papa e negando il magistero del Concilio Vaticano II. Allo scomunicato è proibito celebrare la messa e ricevere i sacramenti. Si tratta però di una «pena medicinale», che invita al ravvedimento e che può essere annullata.

Viganò, che nei giorni scorsi si era dichiarato «onorato» per le accuse in una riedizione clericale del motto fascistoide «molti nemici molto onore», non è parso turbato: «Come ogni mese – ha scritto su X –, anche questo primo venerdì dedicato al Preziosissimo Sangue, celebrerò la santa messa per gli amici e i benefattori della fondazione Exsurge Domine», l’associazione che lui stesso ha fondato, dandole il nome della bolla del 1520 con cui Papa Leone X condannava le tesi di Martin Lutero, con il progetto di realizzare una cittadella ultraconservatrice (il Collegium traditionis) ristrutturando un antico eremo nella Tuscia viterbese.

CONVOCATO IN VATICANO lo scorso 20 giugno per rispondere alle accuse, Viganò non si era presentato perché, aveva fatto sapere, «non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo prefetto, né di chi lo ha nominato», ovvero il cardinale argentino Fernandez – fedelissimo di Bergoglio – e lo stesso Papa Francesco, che un anno fa lo ha messo a capo del Dicastero per la dottrina della fede. Una settimana dopo però, in una lunga dichiarazione pubblicata sul sito della fondazione Exsurge Domine, ha ribadito punto per punto le proprie posizioni: più che una memoria difensiva, un ulteriore atto di accusa.

Origine di tutti i mali, secondo Viganò, è il Concilio Vaticano II (1962-1965) voluto da Papa Giovanni XXIII, una «resa vile e colpevole» al mondo moderno, con cui si è iniziato a «sovvertire lentamente ma inesorabilmente la struttura di governo e di magistero della Chiesa per demolirla dall’interno», facendovi penetrare i «venti protestanti» e i «principi rivoluzionari del 1789». La Chiesa post conciliare è quindi «apostata», e l’attuale gerarchia ecclesiastica «una setta scismatica» che «mi accusa di scisma». Capo della «setta» è l’«eretico» Bergoglio, portatore di una visione di Chiesa «ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay friendly». Ce n’è anche per il cardinale presidente della Conferenza episcopale Matteo Zuppi, colpevole, secondo Viganò, di aver celebrato a inizio giugno «illecitamente una messa di suffragio per uno dei peggiori e più ostinati esponenti del Modernismo», ovvero quell’Ernesto Buonaiuti perseguitato dal fascismo e scomunicato dalla Chiesa romana (di cui ancora si attende una riabilitazione post mortem, ma Bergoglio pare poco interessato).

Quindi, conclude Viganò, «condanno, respingo e rifiuto le dottrine eterodosse espresse nel cosiddetto “magistero postconciliare” originate dal Vaticano II, così come le recenti eresie relative alla “chiesa sinodale”, alla riformulazione del papato in chiave ecumenica, all’ammissione dei concubinari ai sacramenti e alla promozione della sodomia e dell’ideologia “gender”».

VARESINO, 83ENNE, Viganò fa carriera durante i pontificati di Wojtyla e Ratzinger, che lo nomina prima segretario generale del Governatorato vaticano (qui denuncia una serie di magagne finanziarie, facendo infuriare il cardinale segretario di Stato Bertone) e poi lo invia a Washington come ambasciatore negli Usa. Con l’elezione di Bergoglio le cose peggiorano, e Viganò diventa punto di riferimento della galassia ultratradizionalista. Ultimamente però qualcosa scricchiola anche a destra: i lefebrviani – la fraternità sacerdotale San Pio X fondata dal vescovo anticonciliare Lefevre, un modello per Viganò – hanno preso le distanze dall’ex nunzio, non condividendo la sua dichiarazione di “sedevacantismo”, ovvero l’illegittimità formale e sostanziale dell’elezione papale di Bergoglio.

La scomunica probabilmente isolerà ulteriormente Viganò. Anche se non c’è dubbio che per i più oltranzisti sarà una sorta di martire di Papa Francesco.