È chiamato «o encontro das aguas» ed è una delle principali attrazioni turistiche di Manaus: la confluenza tra le acque scure del Rio Negro e quelle color ocra del Rio Solimões (il tratto superiore del Rio delle Amazzoni), le quali, a causa della differenza di densità, velocità e temperatura, scorrono maestose fianco a fianco per svariati chilometri senza mai mescolarsi. Adesso, tuttavia, così maestose non sembrano più: la terribile siccità che sta soffrendo la regione amazzonica – una micidiale combinazione tra El Niño, il riscaldamento dell’Atlantico settentrionale e il più generale cambiamento climatico – ha alterato anche questo scenario meraviglioso, facendo affiorare in mezzo alle acque innumerevoli banchi di sabbia e di pietre.

A MANAUS il Rio Negro presenta il livello più basso in 121 anni mentre in alcuni tratti del Rio Solimões, prima solcato da innumerevoli imbarcazioni, si incontra ora un deserto di sabbia. Nel lago Tefé, nella regione del Médio Rio Solimões, più di 140 delfini amazzonici sono morti, pare – almeno in parte – a causa dello stress termico provocato da temperature dell’acqua vicine ai 40 gradi centigradi, rispetto a una media massima di 32 gradi. Ma fiumi e igarapés, i piccoli corsi d’acqua tributari del Rio delle Amazzoni – il cui livello scende di 13-14 centimetri al giorno –, scompaiono ovunque, trasformando drammaticamente il paesaggio dell’Amazzonia.

Non è la prima volta che accade. Anche tra il 2015 e il 2016 El Niño, il fenomeno climatico periodico legato a un forte riscaldamento delle acque del Pacifico tropicale, aveva provocato effetti drammatici, ma questa volta tutto sembra amplificato per effetto, da un lato, del riscaldamento globale e, dall’altro, della deforestazione e degli incendi (a loro volta favoriti dalla siccità). Solo a settembre si sono registrati 6.991 roghi: il secondo peggior dato di sempre (preceduto solo da quello del 2022, con 8.659 incendi).

E QUEL CHE È PEGGIO è che, secondo le previsioni, la siccità non darà tregua fino almeno a dicembre (ma più probabilmente fino all’inizio del prossimo anno), quando El Niño raggiungerà il picco, con conseguenze devastanti per la fauna e la flora sia acquatiche che terrestri. Se c’è insomma una regione in cui l’«ebollizione climatica» è attualmente più evidente, questa è proprio l’Amazzonia.

UNA CATASTROFE insieme ambientale, sociale ed economica. Nello stato di Rondônia, la centrale idroelettrica di Santo Antônio, la quarta più grande del paese, ha dovuto sospendere la sua attività – era successo solo un’altra volta – a causa della scarsa portata del fiume Madeira, inferiore del 50% rispetto alla media storica. Ma la siccità ha colpito anche aree destinate all’agricoltura e all’allevamento in 79 municipi del Pará e di Roraima, mentre in 55 comuni su 62 dello stato di Amazonas è stato decretato dal 30 settembre scorso lo stato di emergenza.

E se centinaia di comunità che vivevano della pesca sostenibile di pirarucu e tambaqui hanno già perso la principale fonte di sostentamento, 35 grandi industrie di Manaus hanno mandato in ferie 17mila lavoratori fino al 4 novembre per via della bassa navigabilità dei fiumi amazzonici, che impedisce l’arrivo delle forniture necessarie. Si prevede, tuttavia, che saranno circa 500mila persone a rimanere senza accesso all’acqua potabile – le comunità indigene spesso usano la poca acqua di cui dispongono per spegnare gli incendi – come pure al cibo: non solo perché le grandi imbarcazioni impegnate a trasportare gli alimenti da Manaus all’interno dello stato non riescono più a navigare sul Solimões, ma anche perché la scarsità di risorse porta con sé l’aumento dei prezzi di vari beni di consumo.

All’inizio di ottobre il vice-presidente Geraldo Alckmin, che è anche ministro dello Sviluppo, dell’industria, del commercio e dei servizi, si era recato a Manaus in compagnia di Marina Silva e di altri ministri per definire le opportune misure di mitigazione dell’impatto della siccità, assicurando tutto l’appoggio economico necessario alla popolazione locale. Ma intanto il governo guarda con favore al progetto di rifacimento della BR-319, destinato ad asfaltare la via che taglia in due la foresta collegando Manaus a Porto Velho: a detta di tutte le organizzazioni ambientaliste, un ulteriore – e rovinoso – volano per la deforestazione in Amazzonia.